lunedì 19 gennaio 2015

Il panico


Per questa relazione vado a tirar fuori dalla polvere il mio mitico dizionario d'italiano, tenuto come una reliquia nella sua copertina di cartone e di colpo torno ai tempi della scuola dove si portava il dizionario, nonostante il peso, il giorno del tema in classe …
Definizione di PANICO: dal dio Pan. Nell'uso corrente si dice di paura improvvisa e irrefrenabile come quella che si credeva fosse causata dalla presenza del dio Pan.

Ho due cosa da fare questo pomeriggio di cui una è in un negozio che apre alle 15:30 per cui aspetto almeno alle 14 per uscire. L'idea è di andare a vedere un posto dove mi hanno detto che ci sono delle casette in vendita che rispondono alle mie esigenze, visto che la casa dell'asta abbiamo deciso che non me la posso permettere (per la manutenzione … )
Non è una gita in montagna ma su una strada ripida per cui mi vesto da montagna ma non porto dietro né zaino, né tanto meno GPS e quindi neppure la batteria di riserva del cell. Tanto sto via un'oretta, metto insieme la passeggiata di Kyra con la visita alle case.
Salgo con la macchina, giù non c'è parcheggio, Trovo lo spiazzo proprio vicino al cartello di divieto e all'inizio della strada acciottolata. Effettivamente è ripida, ma dicono che basta una panda 4x4 per salire. Certo, d'inverno può essere che rimango bloccata su, ma per quanto tempo?
Con questi pensieri salgo fino a che non vedo un cancello con “proprietà privata” aperto e una casa laggiù; entro sperando di trovare qualcuno a cui chiedere info ma non c'è in giro nessuno. Proseguo su questa strada e trovo altre case ma tutte chiuse fino a che, in fondo, non trovo una casa con recinto e dei lama. E una macchina. Kyra è legata (e fa il diavolo perché vuole andare dai lama) e parlandole le dico che adesso cerchiamo il padrone. Finalmente si fa vedere e iniziamo a parlare. Gentilissimo si offre di prendere il mio numero di telefono e passarlo alle due persone che conosce e che molto probabilmente vendono casa.
Mi indica dove sono e come fare per andare a vederle. “Vada su di qui, deve attraversare il bosco ma c'è il sentiero e poi trova la strada acciottolata”. Ve bene, grazie! Rispondo gentile e intanto penso che torno indietro da dove sono venuta e riprendo da li la strada. Il signore però insiste e praticamente mi obbliga a prendere il sentiero. Mentre saliamo mi urla che devo stare a sinistra. “GRAZIE!” e pieghiamo a sinistra.
Questo è stato il primo errore: lo sapevo che non dovevo salire dal bosco e dovevo insistere che volevo tornare indietro ma per non offendere il tizio sono andata dove voleva lui. Ecco quindi il primo messaggio: non insistete mai con qualcuno per fargli fare la strada che VOI ritenete meglio, se lui preferisce farne un'altra che porta allo stesso posto lasciatelo fare!
Ad un certo punto non troviamo più nessuna traccia ma il tizio dice che qui sopra c'è la strada per cui prendo dritto per il bosco, sempre tenendo la sinistra. Trovo un bel sentiero largo, ma non è la strada. Ok, penso, questo mi porta dove devo andare, e lo seguo.
E qui il secondo errore: invece di prendere a sinistra prendo a destra.
Kyra è estasiata dagli odori del bosco, cinghiali, caprioli e non so chi altro la fanno diventare matta e si allontana sempre di più. Quando ho dovuto richiamarla tre volte prima che tornasse decido di legarla. Il mio inconscio non è per nulla tranquillo.
Arriviamo al bivio che segna la località dove devo approdare io e lo seguo. Solo che la traccia è davvero flebile e la perdo.
Terzo errore: quando mi rendo conto che il sentiero non si vede più dovevo tornare indietro. Invece proseguo sempre convinta che adesso trovo la strada acciottolata.
La convinzione però dura ancora poco. Kyra tira, io cerco di individuare il percorso ormai un pochino preoccupata.
Decido di salire, so che c'è una strada asfaltata che arriva praticamente in cima e se salgo la dovrei trovare. Solo che sali un dosso, poi un altro (sempre con Kyra che tira per seguire le tracce di selvaggina) la strada non solo non si vede ma non se ne vede neppure una piccola traccia più in su. Per fortuna il bosco è rado e il sottobosco inesistente, niente foglie sulle piante per cui una parte di visibilità c'è.
Ora sono certa: mi sono persa. Cambio strategia e vado in traverso. Trovo un casotto di caccia e penso che in qualche modo i cacciatori fino a li ci arrivano. Solo che loro ci arrivano per percorsi non segnati e io non trovo sollievo alla mia sempre più forte inquietudine. Penso che, per male che vada, quel casotto sarà un buon riparo per la notte, si, perché adesso il problema grosso è la luce: non so quante ore ho ancora a disposizione ma so che sono uscita di casa alle 14 e in max 3 ore inizia a fare buio.
Kyra tira sempre, inizio a sgridarla, anche urlando, come se a lei importasse qualcosa.
Sento che sale, sale dalla pancia, gli occhi iniziano a bruciare. Mi sono persa. E sono qui da sola senza acqua. Di certo non chiamo i soccorsi per una mia imbecillità, una notte fuori di certo non mi ammazzerà. E i mici a casa? Vabbeh, un giorno senza mangiare …
Sale … sale … alla fine prendo in mano il telefono e se da una parte mi accorgo con sollievo che prende dall'altra mi accorgo che ho solo il 37% di carica … cazzo … Chiamo il mio mentore, Giuliano. Quando risponde scoppio a piangere, lascio che tutta la mia angoscia, il mio panico, possa sfogarsi. Il fatto che ora qualcuno sappia che sono in difficoltà mi da forza.
Giuliano, da bravo alpinista, sa darmi i consigli giusti: mi chiede cosa intendo fare e poi mi dice che se non ne vengo fuori devo cercare un'altura e da li guardarmi intorno per capire dove sono e dove posso andare. Lo avviso che ho il telefono scarico ma cercherò di fargli sapere.
Riprendo a ravanare per il bosco, Kyra felice io molto meno. Ora la devo costringere a starmi dietro altrimenti non ce la caviamo. Il bosco è umido e scivoloso e io ho le scarpe basse.
Trovo un'altura e l'idea di andare li a vedere non mi sembra male. Guardando giù, visto che su non ha più senso salire, c'è solo bosco bosco e bosco! In basso vedo che 'è un prato e laggiù … si … è una casa! Se c'è una casa c'è anche una strada che porta li. Scendiamo. Kyra mi DEVE stare dietro, la discesa è ripida, si scivola che è una meraviglia e non posso permettermi di farmi male. Dopo aver litigato un bel po' la mia tata si convince a starmi dietro anche se lo so, non le piace, ogni tanto tira perché di la ci sono tanti odorini molto più interessanti di dove la sto portando io … E no! Qui dobbiamo tornare a scuola! Questo comportamento va cambiato, in montagna non mi posso permettere che non mi ubbidisca o non mi stia vicino quando serve.
Mentre scendo e scivolo giù dal bosco sento una motosega. Sorrido, rumori “umani”.
Con fatica raggiungo il prato e la casa e trovo una strada sterrata e in pessime condizioni ma sempre strada è. Un piccolo respiro di sollievo. Ho ancora un po' di carica nel telefono, chiamo Giuliano per dirgli che sono su una strada, da qualche parte mi porterà. Scelgo di andare a destra visto che la strada asfaltata è in quella direzione, ai bivi che incontro prendo sempre la strada che scende fino a che incontro dei cartelli. OTTIMO! Solo che io di prendere il sentiero non me la sento, scottata fresca fresca e poi il sole sta ormai tramontando e se devo rimanere al buio preferisco essere su una strada. Il sentiero indica 40 minuti per arrivare al paese vicino al quale ho lasciato la macchina. Mi viene un attimo ancora di panico ma continuo a dirmi che ci arriverà anche la strada.
L'ultima deviazione in discesa mi porta ad un vicolo cieco, ma sento la motosega più su per cui torno sui miei passi con Kyra che diventa pazza … e vedo pure io il sederino bianco che fugge … pazienza Kyra, ora non devi più cacciare!
Incontro i due che stanno lavorando, metto da parte il poco orgoglio rimasto e pongo la fatidica domanda: se vado avanti di qui dove approdo? Mi rispondono tranquilli che poco più avanti c'è la strada asfaltata che porta a Oneda. Bene, penso da una parte, cavolo, penso dall'altra! Oneda vuol dire che arrivo al paese successivo dove ho lasciato la macchina e il buio avanza. Arrivati alla mulattiera che mi porta in paese le Grigne mi regalano un panorama meraviglioso colorandosi di un rosa intenso. Guado il telefono, spento. Lo riaccendo ma ormai non ha batteria per far funzionare nulla, non provo neppure a fare la foto, preoccupata come sono di far sapere a Giuliano che ormai sono fuori pericolo.
La strada provinciale che mi angosciava un pochetto in si rivela meglio del previsto, ci sono i marciapiedi e il pezzo non è nemmeno lungo e poi sono sempre in mezzo alle case.
Anche dove ho lasciato la macchina pensavo fosse più in alto. Ci arrivo che ormai è buio e qui i lampioni non ci sono.
Libero Kyra che corre via, apro la portiera per lei, accendo la macchina, metto in carica il telefono e finalmente chiamo Giuliano. Un pochettino arrabbiato perché non rispondo al telefono (capibile, era davvero preoccupato!) Gli spiego che è morto il telefono e siccome è morto anche il suo cell non ha letto il messaggio.
Tornando a casa, dopo questa esperienza, non riconosco la strada, mi sembra di vivere in un'altra dimensione. Questa avventura mi ha davvero lasciato un segno, almeno per oggi, ho vissuto per 4 ore in un mondo parallelo. Eh si, una gita di un'oretta si è trasformata in una di 4 ore e meno male che un minimo di allenamento lo avevo altrimenti … non so se ce l'avrei fatta ad uscire dal bosco prima del tramonto.

1 commento:

  1. Panico: perdersi in un bosco quando si soffre di claustrofobia.
    Infatti quando cerco l'avventura li evito i boschi, a meno che non sia una zona che conosco.
    Ciao
    Stefano

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