domenica 28 giugno 2009

Hosandhorn 3.182 m – 27/28 Giugno 2009


Non siamo noi se non ci andiamo ad incasinare un po’.
Decidiamo per questa cima come allenamento per la Giordani, dopo il Tresero mi piacerebbe una cima tranquilla ma di ghiaccio.
Decidiamo di portare le ciaspole, siamo su un versante nord e la neve sarà ancora tanta. Ma questa decisione si rivelerà un “errore” se di errore si puo’ parlare.
Partiamo con calma alle 9 da Milano e, sorpresa, ci troviamo di fronte alla nuova galleria, quella elicoidale che permette di evitare i tornanti che salgono a Riale. Bella. Davvero un gran bel lavoro, peccato che i 50 km orari di limite siano davvero pochi.
E poi il vecchio centro di fondo ricostruito in una splendida casetta! Chissà che ci faranno li dentro!
Arrivo alla diga, Andrea mi fa notare che ci sarebbe il divieto ma io l’esperienza l’ho già passata: vanno tutti avanti fino alla fine del lago (e della strada).
Pian piano, vista la strada sterrata, arrivo in fondo.
Scendo.
Brrrrrrrrrrrrrr che freddo!
Mi cambio subito la maglia: lana e maniche lunghe e le cose vanno meglio. Siamo a circa 1.900 m il tempo è parecchio nuvoloso anche se ogni tanto spunta il sole.
Andrea si fa prendere dalla frenesia ed inizia a prepararsi.
Io mi rilasso dopo le 3 ore di guida, mangio qualcosa, faccio una telefonata e poi guardo in faccia il mio compagni di (dis)avventura … e allora lui capisce: ma perché diavolo mi sono già preparato? E brontolando come la solita pentola di fagioli prende il suo pranzo e si siede sul prato a mangiare, scarponi ai piedi :)
Valutiamo le strade. Alla fine decidiamo per la piu’ ripida, quella del sentiero chiuso per caduta massi. Non è vietata la strada, è sconsigliata. In realtà è un bellissimo sentiero, piuttosto ripido e in un paio di punti franoso ed esposto. Ma per il resto lo si fa con tranquillità.
Prima sosta alla baitella. Lo zaino è davvero pesante. Siamo soli, le marmotte ci tengono compagnia durante la nostra brevissima sosta.
Riprendiamo. Al di la del versante inizia la neve. Poca per la verità, non si sprofonda.
Arriviamo dove c’è la baita dell’OMG e l’arrivo della teleferica. Mi fermo per una sosta piu’ corposa. Andra non arriva. Torno a cercarlo. Povero … sotto il peso dello zaino sta facendo davvero troppa fatica. Sicuramente questa è l’ultima uscita con le ciaspole.
Da qui, in un’oretta, dovremmo essere al Claudio e Bruno per cui ci permettiamo una bella sosta. L’Arbola è li che ci guarda. A dire il vero anche la nostra cima ci guarda ma io ancora non so che è lei.
Ripartiamo, testa bassa a guardare il sentiero.
Bivio.
Prendo il sentiero basso.
Un dubbio mi viene ma, stoltamente, continuo.
Il dubbio aumenta quando, al primo nevaio, non vedo tracce fresche.
E io che faccio? Mi fermo? Medito? Torno?
Macchè, proseguo.
E il sentiero prosegue in piano invece di salire.
Fa il giro della montagna costeggiando il lago.
Facciamo fatica, dove c’è la neve, a capire dove dobbiamo andare.
Inizio a realizzare che abbiamo davvero sbagliato sentiero.
Dobbiamo salire e non si sale.
Siamo già stufi di neve tanto che anche Andrea accetta di fare, dove possibile, deviazioni per stare sulle rocce invece della neve.
Giriamo l’angolo.
O cavolo! Non c’è il rifugio! Eppure sono convinta! La posizione è questa!
Controlliamo gli altimetri: siamo ancora bassi, 2.600 m mentre il rifugio è circa 100 metri sopra.
Allora tiro su. C’è una lingua di roccia, avviso Andrea che vado a vedere e parto.
Sono demoralizzata. Se non troviamo in fretta il rifugio ci tocca tornare al Somma Lombardo e col cavolo che domani ho voglia di fare la cima :(
Ma … cos’è quello la? UN COMIGNOLO!!!
ANDREA !!! C’E’ IL COMIGNOLO inizio ad urlare.
Salgo ancora e vedo il tetto.
:)
Qualsiasi cosa sia successa ora siamo a posto.
Salgo. Arrivo esattamente dalla parte opposta di dove dovevo arrivare e di colpo capisco tutto.
Che tonta!!! Che tonto anche Andrea che mi è venuto dietro senza dire nulla :) Al bivio dovevamo salire e non scendere!!!
Parlo con un signore che mi da il benvenuto. Mi rincuora subito sulla salita di domani: non avrete problemi. Crepacci completamente coperti, strada intiubilissima e non difficile.
Ottimo!
Arriva Andrea che, nonostante tutto, non mi fa alcun cazziatone.
Ci riprendiamo. Aprono oggi il rifugio e sono ancora tutti presi dalle pulizie ma poco dopo vengono a chiamarci. Ci hanno acceso la stufa e preparato le panche. Non state qua fuori, venite dentro al caldo. Volete un the?
Ecco, questa è l’accoglienza che trovare nei rifugi dell’OMG (Operazione Mato Grosso http://www.rifugi-omg.org/it/rifugi_o_m_g.html) Sono gestiti da volontari che ricostruiscono i rifugi diroccati e poi li gestiscono. Tutti i guadagni vanno a favore della gente disadattata, per i poveri che poveri lo sono davvero laggiu’, nel Mato Grosso. Ho partecipato con loro per qualche giorno alla ricostruzione del Rifugio degli Angeli al Morion e, nonostante non sono cattolica, ho avuto modo di conoscerli, di vedere come lavorano, come la pensano … sono persone eccezionali che fanno un lavoro eccezionale. Ecco perché mi sento di invitarvi a soggiornare nei loro rifugi. Qui sono stati fantastici!
Ho proposto a loro di non alzarsi a colazione solo per noi (eravamo gli unici ospiti) ma di riempirci i nostri termos e lasciarci la colazione sul tavolo.
Puntualissimi, invece, alle 5.15 il signore era li a prepararci il caffè … nei rifugi “normali” ti fanno un sacco di storie se vuoi partire prima dell’ora che loro credono opportuna :(
Cmq, cena quella che è visto che sono appena arrivati e devono ancora organizzarsi. Ma iperabbondante!
Poi chiacchieriamo un po’. Ci sono 4 ragazzi, che mangiano le loro cose, che sono indecisi se fare l’Arbola o la Punta dei Sabbioni.
Altra piccola parentesi. Quando i gestori hanno saputo che i ragazzi mangiavano le loro cose, invece di inveire come fanno di solito nei rifugi “normali” si sono preoccupati perché fuori faceva freddo: come fanno a cucinare? Digli di venire dentro. Gli hanno preparato cmq la tavola …
Torniamo a noi. Chiacchieriamo sulle salite, concordiamo la colazione e poi andiamo a nanna.
Ci hanno messo la stufetta in stanza, stiamo belli al caldo.
Qui è tutto nuovo, i letti, i materassi, le coperte …
Dormiamo bene e quando suona la sveglia mi sento abbastanza riposata.
Colazione e poi si parte.
I 4 hanno deciso per l’Arbola, vista la splendida giornata. Noi ci incamminiamo sulla nostra morena.
Dopo un po’ di ravanare capiamo che ci sono gli ometti e ci dirigiamo lungo il sentiero. Scendiamo sul ghiacciaio in perfetta solitudine. Sia le relazioni che il signore ci hanno consigliato di stare in mezzo alla piana e cosi facciamo. Seguiamo tracce flebili ma aveva ragione il signore: non si puo’ sbagliare! Il colle è li.
Attraversata la piana inizia la salita ripida. Qualche crepa si inizia a vedere. Qualche tornate ci fa guadagnare quota e siamo al colle. Già prima il Finsteraarhorn si svela con la sua splendida punta ma arrivati al colle … che panorama!
Ce lo godiamo, qualche foto e poi guardiamo la cresta. Decidiamo la via di salita e si parte. Non ci leghiamo. Anzi, abbiamo lasciato la corda al rifugio, su consiglio del gestore, ed effettivamente non serve.
Sono davanti. So che Andrea ha problemi con l’esposizione ma provo lo stesso a superare un pezzetto ripido a lato delle rocce verso l’Arbola. Mi ritrovo su un pezzo non troppo bello per cui consiglio Andrea di andare a sinistra delle rocce e cerco di togliermi dai guai. Ricordando quanto mi insegno’ Chicco riesco a rimontare il pezzo ripido e mi ricongiungo ad Andrea.
Ora scalpito.
La nord dell’Arbola è li che mi guarda e la cima ormai è vicina.
Ecco la croce!!!
In vetta.
Le foto parlano per noi.
Siamo completamente soli. Per la prima volta abbiamo affrontato un ghiacciaio da soli, anche se semplice, e praticamente senza tracce. Siamo soddisfatti. La giornata è favolosa, il panorama mozzafiato e ce lo godiamo per un bel po’.
La discesa, stavolta è Andrea che guida, è un pochino infida la prima parte perché si inizia ad affondare, ma il pezzo è breve. Poi tutto tranquillo. Risaliamo alla morena, seguiamo il sentiero e torniamo, stanchi ma soddisfatti al rifugio.
Il meritato riposo e poi la discesa, stavolta per il sentiero giusto.
Cavolo … è davvero TANTO piu’ semplice!!!
Solo che siamo stanchi, gli zaini pesano e ci mettiamo cmq un’ora ad arrivare alla diga.
Sosta e poi di nuovo giu’.
Pestiamo meno neve dell’andata, dall’alto è piu’ facile trovare il sentiero libero. Altra sosta prima del pezzo ripido e poi giu’. Il ginocchio mi fa un po’ male. Rallento e cerco di usare meglio i bastoni e la cosa da i suoi frutti perché il male mi passa. La schiena invece peggiora. Mi sa che ho ancora qualche postumo dell’incidente e questo zaino pesante (ed il caldo che, man mano che si scende si fa piu’ potente) non aiuta di certo.
Finalmente siamo alla piana. Bagno rigenerante ai piedi e poi l’ultimo strappo per arrivare alla macchina.
Stanchi, affaticati ma pienamente soddisfatti.
Sosta a Crodo per il Gelato e un ritorno a casa tutto sommato abbastanza tranquillo coronano un bellissimo we.
La Val Formazza è sempre meravigliosa, c’è poco da dire!
Ah … ho finalmente individuato il Basodino … GULP!!!






domenica 21 giugno 2009

Anticima Mont Méabè 2.529 m e Becca d’Aver 2.469 m – 21 Giugno 2009


Certo che per essere il primo giorno d’estate …
Iniziamo con una premessa: non è un giro ad anello ma a Y. Sono riscesa fino all’incrocio dei 2 sentieri e poi, prima alla finestra poi per cresta, ho salito la seconda cima.
Decido per questa gitarella, che doveva essere calma e tranquilla anche come dislivello, perché voglio fare foto di fiori. Li la vegetazione è spettacolare, ricordo tanti fiorellini e la gita era stata fatta ben prima dell’avvento della mia digitale, per cui ci sta anche un ritorno.
A Milano il tempo è pessimo ma mi basta imboccare l’autostrada per vedere il primo azzurro la in fondo, le montagne si stagliano nette e bianche all’orizzonte. Vuoi dire che trovo bello?
L’idea è il Mont Méabè, voglio vedere com’è la cresta che sale sulla vera cima anche se tutti si fermano all’anticima … e ci sarà pure una ragione. Ricordo che all’epoca mi fermai pure io li e pensare che ero con un compagno con cui si poteva osare! Ma si sa, ogni lasciata è persa ed ora mi ritrovo a Torgnon sola soletta a fare questa splendida escursione.
Sono sola anche al parcheggio.
Fa fresco, ci sono un po’ di nuvole ma si sta bene. Colazione e poi via e trovo subito una prima orchidea stupenda e questi fiori bianchi e altri di cui, mannaggia, non ricordo il nome.
E poi la sorpresa: 10 € sul sentiero! Cavolo! Mi pago metà del viaggio :)
Salgo piano, il sole va e viene ed il freddo diventa pungente. Foto, faccio un sacco di foto (e del resto son qui per questo) e salgo. Il sentiero è ripido e bellissimo ma il freddo diventa elevato ed il sudore non fa che peggiorare la situazione. Mi cambio: maglietta e cappello di lana e gli immancabili guati. Ora va meglio e finisco la mia salita.
Arrivo sola soletta in vetta. O meglio, pochi metri prima della vetta incontro un local con uno splendido cane. 4 chiacchiere simpatiche e poi ognuno per la sua strada.
In vetta continuo per cresta fino alla fine e inizio a scendere. Sono sfasciumi e tracce. Trovo il modo di scendere ma guardo su. Le roccette sono ripide e mi sembra senza traccia. Non è la salita che mi preoccupa ma la discesa.
Tanto per cambiare sono sola, su tutta la montagna. Guardo la vera cima e decido di tornare. Sarà per un’altra volta quando qualche pazzo deciderà di accompagnarmi.
Torno alla croce, mi copro (benedetta la mia giacchina di piumino!) foto e mangiucchio qualcosa. Il tempo sembra essersi messo al brutto ma non credo pioverà … o peggio.
Alla fine scendo indecisa sul da farsi.
Mentre fotografo vedo un gruppo di 4/5 signori in maglietta e pantaloncini che sale. Vuoi dire che ancora non sto bene? (Ieri non ero proprio in forma al punto che ho rinunciano a fare la Senigalia).
Continuando a fotografare torno al punto del bivio e decido che la finestra puo’ essere la mia prossima meta.
Medito.
La Becca.
Ma no, che vuoi strafare.
Certo che con la maglia di lana a maniche lunghe (la giacca l’ho tolta un po’ di tempo fa) fare la salita fa caldo.
Tolgo il cappello ma non la maglia. Ogni tanto qualche colpo di vento mi fa apprezzare la manica lunga. Sto invecchiando …
Arrivo finalmente alla finestra e vedo la strada per la cima. Manca ancora un’ora ma il mio altimetro dice “solo” 200 m di dislivello.
Procedo per un sentiero in piano, mi fermo a bere e a guardarmi intorno.
Ormai dovrei conoscermi! Mi rimetto lo zaino in spalla e torno sui miei passi per incamminarmi verso la cima.
Cavolo! Non mi ricordavo le catene! Ma poi, pian piano, mi torna alla mente tutto il sentiero. Una cresta davvero meravigliosa, panoramica, un giardino botanico stupendo. Solo che quando sono sul versante dove tira il vento fa davvero freddo.
E poi sta cima non arriva mai! Ho capito perché 1 ora … c’è un bel traverso di saliscendi prima dello strappo finale. Ora la vedo, la cima, ma sembra sempre lontana. Non la guardo piu’ e cammino godendomi il sentiero.
Nel freddo polare ora vedo la croce, con 2 uccellacci che sono gli unici ospiti. Un po’ scontenti mi lasciano il passo ed arrivo in vetta da sola, poco meno di un’ora il tempo impiegato.
Mi rivesto, mi riposo, mi guardo intorno.
So che c’è un sentiero che scende dall’altra parte e si ricongiunge sulla carrozzabile. Ma la cresta è troppo bella, scendo di li.
Con calma. Il lettore MP3 mi ha abbandonato e allora il via ancora ai miei pensieri.
Arrivo alla macchina alle 17 dopo:
2 cime
7 ore di cammino/riposo
135 foto
1245 m di dislivello
Si, posso dire di considerarmi soddisfatta :)

Nota dell’ultima ora:
Parlando con quelli del forum http://www.naturamediterraneo.com/forum/ mi hanno passato questa info, che vi rigiro in quanto simpatica e curiosa:

Pulsatilla alpina ssp. Apiifolia
Etimologia:
Il nome del genere deriva dal latino”pulsare”, per il caratteristico dondolio dei fiori, che sotto l'azione del vento sembrano pulsare, muovendosi in modo ritmico, anche il nome Anemone (sinonimo) si pensa derivi dal greco “ánemos” = “vento”, ma potrebbe derivare anche dal latino “anima” = “soffio vitale”.









domenica 14 giugno 2009

Pizzo Tresero – Quota 3.460 m – 14 Giugno 2009


Quota, si, perché in cima cima non ci siamo andati. Il Pizzo è alto 3594 e la quota del mio altimetro, quando ci siamo fermati, segnava 3460.
Perché non siamo saliti?
Perché siamo 2 oche :)
L’idea di salire è di Andrea. Io non controllo nulla. Il pizzo è nella nostra lista dei desiderata e gli ho fatto talmente una capa tanta che DEVE essersi informato sulle condizioni.
Si organizza tutto, Andrea “si offre” di andare con la sua macchina e organizziamo il viaggio con partenza verso le 13 di sabato.
Faccio un saltino su Hikr verso metà mattina e che ti vedo? Che Nano è stato sul pizzo giusto questa settimana. Bello, mi dico, cià che leggo la relazione.
Gulp!
AriGULP!!!!!
Va bene che il meteo non era buono e quindi, seguendo una traccia, si è trovato al bivacco. Da li, per cresta, ha tentato la cima ma ha desistito poco prima. Non è questo che mi ha preoccupato, anzi, ho capito che, visto il gendarme ghiacciato che si è trovato di fronte, la cresta non fa per noi (peccato!) e faremo il ghiacciaio. Ma … 5 ore … lui che è velocissimo!!!
Ecco, i tempi mi hanno spaventato si. Ma che faccio, chiamo Andrea un attimo prima della partenza e gli dico: questa gita non s’ha da fare?
Indecisione. Poi alla fine penso che valga comunque la pena di andare. Lui ha letto e si è informato, dopo tutto.
Mi vado allora a leggere le altre relazioni invernali. Tutte segnano piu’ o meno quegli orari e la danno come un BSA. Ecco qui un altro mega errore mio. Mi confondo e penso che le nostre sono tutte BS.
Col cavolo! D’inverno cara grazia che facciamo le MSA!!!
Arriviamo al Berni dopo un paio di soste (gelato e Bormio) in tempo per svaccarci prima della cena.
Tramonto da urlo.
4 chiacchiere con chi è stato in cima la mattina e ci conforta nella salita.
Rimangono tutti a bocca aperta quando sanno che noi saliamo a piedi. Sento la voce che corre: salgono a piedi! Salgono a piedi! A piedi?!?!?!
Azz … sarà mica davvero una pazzia?
“Ah, partite alle 5? No, noi alle 7!”
Sembra che piu’ o meno tutti vogliano partire alle 7, sia per il San Matteo che per il Tresero.
I signori del rifugio tentano di dissuaderci: fa freddo, hanno trovato neve davvero dura!
Ma noi imperterriti: non si preoccupi per la colazione, siamo autonomi.
Apriamo qui una parentesi per il rifugio: splendido! Come dovrebbe essere davvero gestito un rifugio!
Unica nota negativa per la colazione che ci hanno detto: qui facciamo un orario unico (che poi scopriamo è alle 5). Per il resto non mi rimane che consigliarlo! Ottima accoglienza, onesti e non rompiballe sul fatto che ho fatto solo pernottamento.
Torniamo a noi. Dovevano partire tutti alle 7 e invece li troviamo tutti li fuori dal rifugio che aspettano la colazione alle 4:45
Noi partiamo perfettamente in orario ma c’è qualcuno che ci ha preceduto.
Man mano che proseguiamo, ci raggiungono anche gli altri (alla faccia delle 7) e, ovviamente, ci superano.
Arriva il primo pezzo ripido. Non abbiamo fatto un cavolo di dislivello ma stiamo camminando ormai da parecchio: questa valle è davvero lunga!
Io decido di ramponarmi vista la pendenza e la neve dura, Andrea invece fa lui il duro e mi dice che va avanti con le ciaspole.
Va bene, inizio a salire. Durante una svolta lo vedo … si sta ramponando :)
Io cado in un buco (e te pareva!) da cui pero’ riesco ad uscire giusto giusto quando Andrea, che mi ha visto in difficoltà, si è avvicinato di tutta fretta.
Risaliamo con difficoltà il pendio ed arriviamo ad un altro pianoro.
Siamo partiti con la neve gelata ma non faceva freddo. Ora pero’ la temperatura sta calando. Ogni tanto ci sono raffiche di vento gelido che mi asciugano il sudore.
E andiamo avanti. Arriviamo al bivio con il San Matteo e la massa va li. Noi proseguiamo insieme a pochi altri, sempre in leggera salita, fino a che non arriva un altro strappo.
Ormai ho messo il guscio e non si suda piu’ per fortuna. Siamo finalmente arrivati a superare la quota 3.000 ma non siamo ancora al sole. Piccola sosta e poi riprendiamo a salire.
Ora vediamo meglio il pendio che porta alla cresta. All’inizio ci sembrava insalibile, ora pure :) ma proseguiamo.
E’ bellissimo qui, siamo in ambiente di alta montagna, contornati da splendide cime, seracchi e neve. Mi sento stranamente a mio agio e contenta di essere qui.
Man mano che ci si avvicina il pendio sembra sempre piu’ fattibile.
La salita è stata tutto un pensare: non ce la facciamo, ma si che possiamo farcela, no che non ce la facciamo …
Questo tanto per dire sia quanto sia stato lungo l’avvicinamento sia quanto sia ripido per noi il pendio che porta in cresta.
Eccoci li vicini. Andrea manifesta il desiderio di lasciare giu’ le ciaspole (noi abbiamo i ramponi messi sul primo pendio ripido e non li abbiamo ancora tolti) ed io accetto piu’ che volentieri.
Ma fatico non poco per arrivare al masso dove vogliamo lasciare le ciaspole.
Da li è davvero ripido.
Io sono stremata, stanca, e le difficoltà mi sembrano maggiori del dovuto.
Mando avanti Andrea, chiedendogli di stare ad un metro da me.
Lui fa il possibile ma la mia stanchezza ha la meglio e quando arriviamo all’ultimo pezzetto prima della cresta e vedo che gli altri fanno comunque fatica a passare il saltino di roccia, poi ancora pendio di neve, poi cresta, poi roccette …
No, non ce la posso fare. Mi impunto: io di li non vengo, ma tu vai se te la senti.
Mi accompagna dove altri si sono fermati e saliamo a vedere la cresta.
Cribbio: io da qui salirei.
Andrea no.
Saliamo dalla cresta no saliamo dalla neve.
Già non siamo d’accordo ed io sono stanca, tanto stanca che alla fine decido che non salgo piu’.
E poi guardiamo l’ora: ok, siamo fuori tempo massimo :(
Un po’ demoralizzati ci fermiamo per riprendere fiato e poi, piano piano, scendiamo alle ciaspole dove ci fermiamo per mangiare.
Cerchiamo di analizzare il perché non siamo saliti e Andrea mi conferma che anche lui è stanco. Dobbiamo considerare che abbiamo anche tutto il ritorno.
Ma siamo d’accordo nel dire che il posto è fantastico e la cima la possiamo considerare come fatta.
Le altre considerazioni sulle nostre gite primaverili verranno poi ma parlando delle varie relazioni realizzo solo ora: BSA.
Ora inizio a capire. Io con la neve sono ancora piu’ schiappa che sulla roccia e lo so che un BS non è proprio da me. In piu’ ci arrivo stremata … ci fossi arrivata fresca come una rosa sarebbe stato un altro discorso. Mi consolo un pochino cosi. Ma ora dobbiamo pensare alla discesa. Con mio enorme disappunto iniziamo a scendere, per il momento sempre con i ramponi.
Passato il pendio piu’ ripido la neve inizia a mollare e decidiamo per le ciaspole. “Guarda che la dove abbiamo messo i ramponi stamattina io li rimetto” avviso Andrea. Lui, coraggioso, so che tenterà con le ciaspole.
La discesa è infinita. Iniziamo a spogliarci e mi pento di non aver dietro i pantaloni corti, anche se so che è una pazzia metterli qui.
Per fortuna ogni tanto il venticello torna a rinfrescarci, ma man mano che si scende io soffro sempre di piu’. Per il caldo, per la stanchezza, per sto zaino che pesa sempre tanto … insomma: NON C’HO PIU’ IL FISICO!!!
Prima dell’ultimo pendio ripido facciamo una sosta lunga. Mangiamo, beviamo, io mi metto i ramponi ma poi viene il momento di partire.
Andrea, con le ciaspole, va avanti a farmi strada. Con la Silvia che dietro gli dice: prendi quella traccia, poi vai giu’ alle roccette … ecco, io sarei andata di la … ma non di qui, la è meno ripido …
Ma prima di tutte queste mie esternazioni Andrea cambia idea e mette i ramponi, borbottando tra se: lo sai che alla fine Silvia ha ragione ma no, tu devi sempre fare di testa tua, con le ciaspole vuole scendere lui … e via cosi la pentola di fagioli :)
Alla fine riusciamo a scendere, Andrea sa che io ho 2 problemi: la paura della discesa ripida e la paura di cadere in un buco e di farmi male al ginocchio. Ecco perché fa il super cavaliere e fino al rifugio sta davanti lui.
Ad un certo punto lo vedo fare una capriola nella neve quando cade in un buco. Poi mi commenta: chissà come sono stato ridicolo, ma ero dentro con entrambe le gambe e se non facevo cosi avevo paura di non uscire piu’. Beh, complimenti per la reazione! Immediata e che ha portato il risultato voluto di uscire subito dal buco! Io non l’avrei avuta.
La discesa, che ci aspettavamo tranquilla da qui in avanti, ci riserva una brutta sorpresa. Lunga, infida, piena di buchi tanto che preferiamo non mettere le ciaspole che se ci finiamo dentro con quelle poi è peggio uscirne (le esperienze di Silvia insegnano).
Siamo sempre piu’ stremati, dietro di noi vediamo altre 2 persone ma ci consola poco sapere di non essere rimasti da soli.
Ormai non abbiamo piu’ parole, le forze le teniamo per mettere un passo davanti all’altro e per fare l’ultima salita. Da li è fatta.
Si.
Come non detto.
Andrea vuole fare la strada piu’ lunga ma si rende presto conto che non cambia, i buchi ci sono lo stesso e allora taglia. Si, va bene. Io lo seguo ormai come un mulo che traina il carretto, senza parlare, senza alzare la testa perché tanto il rifugio non arriva mai.
E la testa bassa mi fa notare la forza della natura. Non fa in tempo ad andare via la neve che i germogli sono già spuntati. Le chiazze libere da neve sono piene di soldanella alpina che inizia a colorare con suo bel viola … e mi torna il sorriso.
Ecco finalmente il rifugio, offro una bibita alla mia guida e ci svacchiamo sulla panca occupando tutto il tavolo con la nostra mercanzia.
Le conclusioni che abbiamo tratto alla fine sono che:
- la gita è stata comunque splendida
- le BSA non sono per noi
- le gite primaverili avanzate con le ciaspole non ci vedono piu’
Concludiamo la gitarella con una splendida Coppa Tresero (non poteva essere diversamente) in gelateria giu’ in valle e poi verso casa … la lunga strada verso casa …










giovedì 11 giugno 2009

Crocione San Martino m 1.028 - Corna di Medale - 1029 m– 11 Giugno 2009


Oggi ho deciso che mi incasino.
Mi piace l’idea, vado a provare 2 sentieri definiti “impegnativi” con l’obiettivo di salire poi al Medale (non me ne voglia Andrea) che l’altra volta, quella dei Pizzetti, non ho voluto salire.
Arrivo a Rancio con il solito problema a Lecco: quando dovevo andare in Valsassina sono uscita a Lecco, ora che dovevo uscire a Lecco ho preso per la Valsassina :) Meno male che ormai la zona la conosco e, tramite l’ospedale, riesco sempre ad immettermi sulla retta via.
Parcheggio, scarponi e via.
La prima volta mi perdo sulla strada. Decido di prendere un sentierino e quando risbuco fuori non so piu’ se andare a dx o sx … ovviamente vado a dx … ma rinsavisco e torno indietro e al tornante trovo il cartello che mi indica la via. Che non è quella che ho fatto in discesa l’altra volta ma non importa.
Ad un certo punto incontro un signore, altri ne stanno salendo da un sentiero laterale, che è quello che presi la volta scorsa. Uffi, speravo di essere sola. Ma non faranno i miei sentieri, loro (giovanotti) andranno al rifugio a mettere le gambe sotto al tavolo. Si, lo so, non è bello pensarla cosi pero’ ci ho azzeccato :)
Arriva la mia deviazione e la prendo e, come presupponevo, sono da sola. Passo sotto le pareti di arrampicata e scendo. Il sentiero scende. Uff … non posso mica aver già sbagliato!
Ma no, eccolo li il primo salto di roccia.
Sono tranquilla, anche se la relazione dice che c’è un tratto con una parere di III e che “l’inesperto” si dovrà tirare su di braccia. Con il mio gomito non è il massimo ma c’è una frase della relazione che mi da speranza: se rimani lungo la catena ci sono 2/3 metri di III. Quindi vuol dire che si puo’ evitare la catena.
In effetti è cosi. Come vedo la parete mi viene il coccolone ma vedo anche il canalino proprio li di fianco che mi sembra arrampicabilissimo. In effetti salgo senza problemi e dopo questo salto le difficoltà dovrebbero essere finite.
Il sentiero della Vergella, cosi si chiama, è breve e porta alla cappella, dove mi rincontro con i signori della partenza.
Prima pero’ un piccolo appunto: l’uscita del sentiero. Che schifo! Devi tirarti su da un muretto che rimane dietro la casa della teleferica in ambiente molto urbanizzato … spiacevolmente urbanizzato.
Detto cio’, i signori subito mi apostrofano: è venuta su dalla ferrata?
Chiacchieriamo un 10 minuti dei sentieri, del treno e del GPL, del rifugio che è aperto e loro vanno la per mangiare (come presupponevo!) e poi mi avvio verso il “mio” sentiero, il Sentiero Silvia.
Un signore mi ha anticipato, ma lo raggiungo presto. Altra chiacchierata … ma questi escursionisti solitari, perché hanno tanta voglia di chiacchierare?
Vabbeh, un fiore mi salva, per fotografarlo mi fermo e lui prosegue: sa, sono sudato …
In cima pero’ me lo ritrovo, maglietta pulita e … KW! Appero’ questi lecchesi :)
Per togliermi in fretta dalle sue grinfie mi avvio quasi subito verso il Medale.
Non ho realizzato che il sentiero scendeva … e che un pezzetto era bello fangoso … ne sa qualcosa la mia coscia con uno splendido morello blu :(
Cmq, in circa 40 minuti arrivo alla meta. E sono sola. Quasi. Un nugolo di mosche e insetti vari mi tengono compagnia. Mangio continuando a scacciare insetti e desisto all’idea di fermarmi. Non cerco il sentiero che scende, non ho voglia di stare con il patema d’animo tutta la discesa e torno sui miei passi. Il Crocione mi aspetta solitario e li mi fermo. Mi sdraio sulla panchetta di legno a riposare e quasi mi addormento. Fa caldo ma c’è un po’ di aria e si sta davvero da dio.
Ma è ora di scendere e piuttosto che andare al rifugio Piazza scelgo di scendere dal Silvia; un po’ ripido ma fattibile.
Sono al punto di razionare l’acqua, ma dovrebbe bastarmi se non faccio cazzate.
Arrivo alla cappelletta e finisco il caffè seduta al tavolino all’ombra.
Poi scendo.
Arrivo alle reti paramassi.
Prendo il sentiero che avevamo preso la volta scorsa.
Arrivo alla strada e convinta vado a destra.
C’è pero’ qualcosa che non va.
La strada è di cemento e non di asfalto.
Scende ma dalla parte opposta a dove deve.
Incontro un cartello che, se visto la volta precedente, ci avrebbe incuriosito.
Ora sono certa di aver sbagliato, ma vuoi che questa strada non porti da nessuna parte?
Ebbene si, NON PORTA DA NESSUNA PARTE!!!
Ad un certo punto finisce. Punto.
Grrrrrrrrrrrrr sono circa 110 m di dislivello in piu’ che mi tocca risalire. E su strada per giunta! E’ vero che cosi arrivo ai 1.000 di dislivello ma … :) ma si che va tutto bene! Finchè sono da sola a fare ste cazzate va bene.
Alla fine arrivo alla macchina sana e salva e, con grande piacere, trovo la mia bottiglia dell’acqua, messa in ghiacciaia la sera prima, che era scongelata al punto giusto: fredda ma liquida.
Splendida giornata, bellissima gita, bel posto anche se ora fa davvero troppo caldo. Oggi mi è andata bene ma credo sia una delle ultime gite per questa estate in zona.











domenica 7 giugno 2009

Monte Rai – m 1.261 – Corno Birone – m 1.116 – 7 Giugno 2009


Di ritorno dalla trasferta friulana speravo di far meglio ma il meteo non è amico di questo we.
Ci sentiamo con Stefano sabato sera, andiamo a Canzo e poi vediamo.
E cosi mi viene in mente di salire da San Miro, poi Monte Rai e Corno Birone che, incredibilmente, mi manca come cimetta della zona. Il tutto per avere la tranquillità di poter mangiare nel locale invernale del Marisa Consiglieri se piove. Si, perché il meteo è davvero pessimo.
Invece ci alziamo a Milano con il sole e decidiamo quindi di partire.
La i nuvoloni la fanno da padroni tantè che sentiamo pure qualche goccia d’acqua. Il meteo avverso fa si che incontriamo pochissima gente anche dove di solito c’è una marea di gente.
Arrivati alla nostra meta, pero’, il sole fa capolino e ci scalda per il pranzo.
Per scendere abbiamo deciso il sentiero per Terz’Alpe cosi Stefano si compra i formaggi e poi scendiamo dalla strada che le nostre ginocchia ringraziano :(
Alla fine la giornata si è messa al bello, i nuvoloni si sono trasformati in bianche nuvolette lasciando il cielo azzurro.
Nonostante la macchina, nessuna coda per il ritorno. Una discussione con Stefano su quale strada sia piu’ breve per arrivare a casa mia e se conviene prendere il metro a Lotto oppure a Romolo … :)
Arrivata a casa presto, stranamente stanca nonostante i “soli” 1.000 m di dislivello. Che sia la guida da cui non mi sono ancora ripresa dopo la trasferta friulana?











lunedì 1 giugno 2009

Val Cialedina - 1 Giugno 2009





Regione: Mondo »  Italia » Friuli Venezia Giulia
Data della gita: 1 giugno 2009
Difficoltà escursionismo: T1 - Escursione
Tempo: 2:00
Salita: 700 m
Discesa: 700 m
Percorso:Lungo la strada sterrata di fondovalle
Accesso alla località di partenza:Poco prima di Cimolais, in corrispondenza del ponte, si prende la strada a sinistra. Si puo' procedere per un lungo tratto con la macchina su strada sterrata.
Possibilità di alloggio:Bivacco come da foto ... io pero' eviterei ...
Numero delle carte geografiche:Tabacco 21





Escursione tranquilla, piu' che altro studiata per far foto. Fiori a gogo, compreso un fiorellino piuttosto raro, che qui non postero' proprio perchè raro.
In fondo alla valle (siamo sul tracciato dell'alta via 6) c'era ancora neve per cui ci siamo fermati li.
Tanti fiori, tanti canti di uccelli, nessun altro oltre a noi e circondati da montagne maestose nonostante la bassa quora.
Gita molto rilassante e remunerativa dal punto di vista fotografico.