lunedì 11 agosto 2008

Punta Basei–3.338 m – 10 Agosto 2008

“Io oso”.
E’ il titolo della mail che mi arriva sabato mattina. Tempo splendido … e se tentassimo la Basei?
Cribbio! Bellissima idea! 7-800 m di dislivello ma arriviamo a quota 3.300, proprio quello che ci serve :)
Bravo Andrea, altre idee come questa!
Partiamo prestissimo perché alle 9 chiudono la strada per i Piani del Nivolet.
Dormicchio un po’ salendo, sono stanca e provata da tutto quello che sta succedendo, considerando anche il fatto che pure le vacanze non saranno rilassanti dal punto di vista mentale.
Arriviamo senza grossi intoppi. Fa freddo. Alla fine decido di partire con i pantaloni lunghi e la maglia a manica lunga.
Davanti a noi partono 2 ragazzotti con picca. Bene, pensiamo, non saremo soli.
Dietro di noi arrivano 3 ragazzotti. Il sentiero ha diverse biforcazioni, immagino che mi superino lungo una di quelle. Ma no, i ragazzi mi seguono tallonandomi … uff che palle!
Per fortuna al bivio loro girano sul Taou Blanc mentre noi andiamo a sinistra, verso la nostra meta che oramai è ben visibile.
La guardo perplessa: la cresta mi sembra sgombra di neve e la cima piuttosto rocciosa.
Saliamo su un salto di roccia e orami siamo nella parte morenica. Iniziamo a capire: picca e ramponi ci faranno solo compagnia. Poco male, uno zaino un po’ pesante non farà altro che aiutarci nell’allenamento.
Abbiamo davanti solo 5 persone, 2 che ci hanno superato e 3 che superiamo noi. Dei ragazzi con la picca più nemmeno l'ombra.
La giornata è fresca ma intanto ci siamo tolti la maglia con le maniche lunghe ed io mi sono messa in corto.
Arrivati al colle il panorama è super! Vediamo laggiù la strada fatta la scorsa primavera quando tentammo la Galisia: come è conciato il ghiacciaio!
Vediamo anche la Calabre, il ghiacciaio è davvero messo male e non sarà semplicissimo arrivare sulla parte più tranquilla che porta alla cima. Si deve proprio passare attaccati alla Granta Parey.
Cresta. Prima larga, poi le roccette. Atto di fiducia sulla relazione e parto. Il sentiero è abbastanza evidente ma ad un certo punto si biforca: ovviamente prendo la strada sbagliata e mi ritrovo a risalire un pezzetto di neve piuttosto esposto e nascosto sotto una roccia che mi tocca continuamente lo zaino. Ok, al ritorno passo dall’altra parte. Incontriamo dei ragazzi che stanno scendendo e ci dicono che loro hanno lasciato li gli zaini ma in cima non c’è vento.
Nel frattempo ci siamo vestiti perché l’aria è davvero frizzantina. Che facciamo? Lasciamo qui, no portiamo su … armeggiamo con gli zaini almeno per mettere via i bastoni. Andrea si attarda ed io inizio a salire; ho deciso di portare su lo zaino ma lascio ad Andrea il tempo di decidere che fare. Mi raggiunge con lo zaino: ok. Scoprirò dopo che ha lasciato giù i bastoni e questo gli costerà un pochino di apprensione mentre siamo fermi per la sosta pranzo.
Arriviamo senza altri intoppi ai piedi della paretina che, scoprirò poi, è data come II-
Mi sembrava che non fosse poi un primo. Cmq, le corde che ci sono aiutano alla grande ed è tutto gradinato.
Gli zaini li abbiamo lasciati ai piedi della paretina e arriviamo in cima quando i 3 signori lassù stanno scendendo. Chiediamo la cortesia di una foto e poi ci ritroviamo soli. Inutile raccontare quello che vediamo da lassù, le foto parlano da sole. Riflettiamo sulla Calabre, una delle nostre possibili mete. Fotografiamo assai e poi iniziamo a scendere. La parete in discesa, complice i canaponi, è davvero semplice e ci fermiamo riparati dal vento a mangiare.
La discesa la vogliamo fare con calma, fotografando tutto quello che non abbiamo fatto in salita.
Al Colle Basei una comitiva colora i grigi sassi e noi scappiamo decisamente giù, per avere il tempo di fermarci a fare le foto senza essere raggiunti dal gruppone.
Scendendo un po’ di nuvole ci accompagnano, coprono la cima per lasciarcela poi intravedere alla fine.
La zona è davvero bella, la cima è stata appagante e l’allenamento mi sembra abbastanza buono per entrambi.
Piccola deviazione sul sentiero di discesa, qualche indecisione sui bivi e poi eccoci alla macchina, stavolta dal sentiero senza deviare per prati come facemmo lo scorso anno.
Gita consigliata, poco dislivello e difficoltà contenute. Ah … niente picca e ramponi!

lunedì 4 agosto 2008

Piccolo Rothorn–3.025 m – 3 Agosto 2008

Indecisione massima ma poi vince il Piccolo Rothorn. Faccio fatica a trovare una relazione ma la Kompass mette il sentiero come una linea e numerato: 10.
Spero di trovare l’inizio del sentiero perché non ricordo per nulla dove sia esattamente la località Underwoald, dove c’è la chiesetta e lo spaccio.
Parto presto, arrivo a Gressoney con un bel freschino. Il rosa è talmente bello che come lo vedo mi viene una stretta al petto … fortunati quelli che oggi sono saliti in quota! La giornata è meravigliosa, la gente non è tanta in giro ma è ancora presto.
Ovviamente non trovo la località e allora parcheggio vicino all’impianto Jolanda (la Kompass da l’inizio del sentiero proprio li) e chiedo ad un vigile. Mi spiega molto gentile, poi si vede che codifica il mio sguardo perplesso e mi accompagna fin quasi al ponte. Ok, grazie, ma è segnato l’inizio del sentiero? Deve aver capito il sentiero nel suo complesso e mi risponde: si, è segnato, e poi è molto frequentato. Bene, non sarò sola.
Vado alla chiesetta e non trovo il sentiero. Chiedo allo spaccio. Sembra che sia proprio io l’imbranata perché la signora mi accompagna fuori e mi dice: li, attraversa il prato. Ok, vedo un sentiero ed un bollo. Vado a prendere la macchina e mi preparo, sperando che quel bollo porti il magico numerino 10.
Ebbene si, è lui :)
Supero quasi subito un “giovanotto con una splendida attrezzatura fotografica: dubito che arriverà in cima.
Poco dopo incontro 2 simpatiche signore che mi chiedono se vado in cima: se ci riesco :)
Poi mi supera un giovanotto. Poi piu’ nulla. Proseguo spedita, in una giornata spettacolare.
Per fortuna avevo la relazione: la deviazione a sinistra me la sarei persa alla grande. Un sacco di bolli nel bosco, piuttosto inutili visto che non ci sono deviazione e poi, dove serve, nisba!
Arrivo cmq senza intoppi all’alpeggio Hockene Stei che è davvero in una posizione invidiabile. Ci hanno portato una roulotte, immagino con l’elicottero, per ristrutturare la baita; peccato perché perde un po’ di poesia. Quando sarà sistemata sarà però incantevole.
Piccola pausa, perchè ho già visto che il sentiero non si vede poi tanto bene.
In effetti gli ometti, spesso distrutti, ed i bolli non sono visibilissimi in salita. Se seguo il sentiero spesso mi porto fuori traccia e più di una volta devo ritornare sui miei passi, per cui massima attenzione ai segni, non mi devo distrarre neppure un attimo e allora si abbandonano i pensieri e si porta tutta l’attenzione al sentiero.
Certo che è molto più faticoso procedere in questo modo. Oltretutto sono sola. Non c’è un’anima in giro. Il sentiero non è particolarmente ripido, solo alcuni tratti sono un pochino esposti tanto che, se non c’era il bollo, da li non sarei mai passata. E’ però importante seguire i segni per arrivare alla catena, unica del percorso, che permette di salire un balzello; e poi per il canale che porta alla piana da cui si vedono sia la Testa Grigia che il Rothorn che il Piccolo Rothorn.
Più di una volta ho messo in dubbio il fatto di arrivare alla meta. Ogni volta che perdo il segno seguo l’istinto e si, sono sulla traccia giusta tutte le volte, ma la fatica si fa sentire.
La Kompass tira una riga dritta (ettepareva!) mentre il sentiero si piega in diverse anse per superare gli ostacoli descritte prima.
Rileggo a tratti la relazione: 1 ora per il colle a 2.900 e un’ora per la creta della cima.
Cribbio … io sono ancora a 2.600 ed è mezzogiorno. Non arriverò mai alla cima. Oltretutto non so perché penso che dopo il colle a 2.900 i metri che mi mancano sono 300. Quando realizzo che sono solo 100 divento più possibilista.
Proseguo.
Arrivo ad un certo punto in cui vedo una cimetta molto invogliante li alla mia destra, ma la relazione parla chiaro: girare appena possibile a sinistra per la cresta.
Parto. Usti! Inizia subito un per saltino. Lo guardo con gli occhi da discesa: si, ce la faccio a scendere. Proseguo. Sono perplessa: non doveva esserci la cresta … e non dovevano esserci i passaggi di II … Proseguo. Dopo un altro passaggio valutato anche in discesa torna il sentiero. Mi tranquillizzo anche se la cresta che vedo davanti a me non è per niente tranquillizzante.
Inizio a pensare che la cima non la farò sul serio :(
Eccomi sotto la bastionata finale. Tolgo macchina fotografica e bastoncini e mentre li metto via ne vedo altri 2 che devono essere dei signori che sono in cima e hanno tutta l’aria di aspettarmi.
Inizio a salire. Usti e riusti. Mi guardo bene sopra. Se non fossi da sola, e quindi la tranquillità di essere in due, avrei probabilmente proseguito ma da sola no, non me la sento. Giro i tacchetti e torno sui miei passi.
L’altimetro segna 3.000 m
Come 3.000 ????
La mia cima è 3.025 ma sopra di me ci saranno ancora un centinaio di metri … Sto per mandare un messaggio ad Andrea con la mia rinuncia, dicendogli però che la considero fatta. Niente da fare, non prende.
Riprendo la relazione, per l’ennesima volta, ed un dubbio mi assale … giro il foglio in modo da leggere il titolo …
Hi hi hi … sisi …avete indovintato! Ho sbagliato cima!!! La relazione è per il Rothorn, non per il piccolo! Mi metto a ridere come una scema … che tonta!
Intanto il ginocchio ha preso a farmi male, evidentemente l’arrampicata non fa ancora per lui. Mentre mi metto la ginocchiera vedo che i 2 stanno scendendo. Decido di aspettarli e faccio l’ultimo pezzo della cresta con loro. Però non mi riporta alla selletta tra le 2 cime ma un po’ più sotto. Poco male … che problema c’è: metro più metro meno :) Risalgo ed eccomi finalmente alla mia cimetta, con un’ora di ritardo sul previsto, ora che ho perso per la cresta, altrimenti ce l’avrei fatta benissimo nelle 4 ore preventivate, soste e indecisioni comprese.
La temperatura è ottima, la visuale bellissima. La Testa Grigia è davvero una gran bella montagna, non c’è che dire.
Però sono preoccupata dalla discesa. Ora sono solissima e non salirà di certo più nessuno. Se le difficoltà che ho avuto in salita le ho anche in discesa rischio di non arrivare più.
Peccato, mangio qualcosa, cerco di mandare un messaggio sempre ad Andrea avvisandolo del mio disagio ma non sono sicura di esserci riuscita.
Scendendo però mi rendo conto che il sentiero è molto più visibile che in salita. Come da accordi con me stessa mi fermo a fare le foto che non ho fatto in salita.
Ho incontrato diverse stelle alpine che in salita ho quasi calpestato senza neppure vederle!
Ogni tanto mi fermo per le foto, mi prendo un quarto d’ora per riposare e godere il panorama ed il fresco. La pausa lunga la faccio però dopo la catena, solo che li fa già quasi caldo. Pazienza.
L’altra pausa quando prenderò l’acqua, penso, tanto da qui all’alpeggio non è tanto.
Errore: c’è ancora un bel pezzo ma non importa, ora il sentiero è evidentissimo e sono tranquillissima.
Mi fermo a prendere l’acqua e poi scendo.
Scendo.
Mhhh, questo pezzo in piano mi sembra troppo lungo.
Acci … quell’albero in salita mica lo avevo visto.
E neppure quella casetta!!! ARGHHHHHHHHHHHHH!!!!
Non ho visto il bivio!!!
Torno sui miei passi, e non sono pochi, prima di vedere un sentierino piccino piccino che taglia giù. Ovviamente nessun segno :(
Dopo poco suona il telefono: sono ormai le 18 ed Andrea, non sentendo il mio messaggio dalla macchina, si preoccupa giustamente. Lo rassicuro, ancora una mezz’ora e poi dovrei esserci.
Il sentiero è ripidissimo, devo stare attenta per il ginocchio ma alla fine arrivo.
Stanca, si, ma non più di tanto.
Felice. Direi che per il momento è stata la gita più bella dell’anno. Varia, solitaria, in ambienti diversissimi tra loro … ne vale davvero la pena!