lunedì 30 luglio 2007

Pizzo di Trona, secondo tentativo - 29 Luglio 2007

Si, secondo, il primo lo scorso autunno.
L’alpinista (cosi ama definirsi lui) non ha trovato il sentiero che porta alla cresta.
Io ero troppo occupata a stargli dietro e alle mie flebili proteste che stava andando oltre, mi sono sentita rimbrottare che lui era sulla strada giusta ….. come obiettare?
Poco prima delle 8 e mezza ho gli scarponi ai piedi. C’è gente, ma non tantissima. Parto da Pescegallo, mi piace tantissimo il sentiero che parte da qui. Prima il salto nel bosco, poi quel traverso panoramicissimo, quindi ancora un pezzetto di bosco e poi il primo lago, quello di Trona. Attraversi la diga e poi lo strappo per giungere al lago dell’inferno. E’ lunga la strada, e forse mi sono attardata un po’ troppo, ma alla diga del lago dell’Inferno ci arrivo dopo 3 ore, soste comprese.
Lo so che non salirò il pizzo, anche se mi sono portata set da ferrata e imbraco. La foto che ho visto della placca parla chiaro: e’ in piedi!
Il mio obiettivo, oggi, è quello di trovare il sentiero.
Non è esattamente dove me l’aspettavo, ma grazie ai cartelli e alla relazione trovo il “traccione” di salita. Si, traccione perché è davvero impossibile non vederlo.
A dire la verità, salendo questo faticosissimo traccione, mi chiedo se sono sulla via giusta. Ma arrivati quasi in cresta ecco che ricompare il sentiero con i segnavia! EVVAI!!!! Sentiero trovato :)
Seguo il filo di cresta fino alle catene. Vedo la placca e da qui mi sembra piu’ appoggiata che sulla foto. Metto l’imbraco, il set da ferrata …. ops ….. non mi ricordo piu’ come si lega ….. accidenti! Lo so che tanto non salgo, ma questo inghippo mi da un’ulteriore conferma che non saliro’. Se scivolo il set mi tiene, ma se cado dalla placca non credo che “dissipi” poi tanto.
Il primo tratto di catena passa la cresta in un tratto piuttosto esposto. Successivamente si passa verso io lago di Trona e trovo degli spit, qualcuno qui ha tolto il cavo. Non serve, se non per sicurezza, il lago è proprio laggiu’ che ti guarda.
Un altro pezzo di catena per superare un tratto di roccia e sono alla base della placca. Cribbio …. è proprio in piedi!
Sto per partire, poi ci penso. Questa è una di quelle gite che, come dice il mio socio Andrea, non vanno fatte da soli.
Dall’alto non scende nessuno.
Dal basso non sale nessuno.
Sono proprio sola.
Riguardo la placca, un'altra foto e poi giro i tacchi e scendo.
Mi fermo a mangiare dopo l’ultima catena. La croce è li che mi guarda, sono circa 300 m di dislivello e mi sa che mi devo cercare un compagno per venire ancora quassù. Andrea mi spernacchiera’, troppo esposto per i suoi STD.
Scendo. Il traccione è meno faticoso di quel che credevo. Se stai sulla ghiaietta riesci a scivolare ed in poco tempo sono alla diga.
Mi incammino verso la Bocchetta di Trona, mi manca ancora questa parte e poi non voglio tornare a Milano troppo presto: fra caldo e traffico meglio star qui a prendere il fresco.
Alla bocchetta scopro che c’è una ex caserma militare e i muretti delle trincee. Vado a vederle, il tutto è tenuto piuttosto bene.
Salgo quel cimotto, dai. Li dietro ci dovrebbe essere il FALC.
E dopo il primo c’è il secondo, poi il terzo … i cimotti si susseguono uno dietro l’altro e non finiscono mai! Ma quando ci si deve fermare? Io mi sono data un orario: le 15, poi inizio la discesa.
Invece di tornare da dove sono venuta vedo una traccia. Ottimo, cosi non faccio la stesa strada.
Peccato che la traccia finisca, poi finisce anche la pietraia e mi ritrovo a scendere litigando con i rododendri. Sono proprio pazza …. Non era meglio tornare da dove sono venuta?
Ma eccomi di nuovo sul sentiero.
Sono stanca, non è che abbia fatto tante soste e lo sviluppo è notevole, nonostante il dislivello contenuto.
Un paio di volte penso di aver sbagliato sentiero, perché, per evitare la stessa strada del mattino, scelgo itinerari alternativi oppure penso ai fatti miei e non credo di non aver visto i bivi.
La discesa verso Pescegallo ha, purtroppo per me, un triste ricordo lasciato dall’uscita di questo autunno. Mi tornano in mente tutti i momenti ….no, non posso permettere che una cosa del genere mi rovini la bellezza di questa valle. Voglio esorcizzare i ricordi cattivi, deve essere solo la mia bella valle.
Vorrei dimenticare, ma allo stesso tempo vorrei non dimenticare mai per non incappare nello stesso errore: come fare?
Mentre medito su quesiti di difficile soluzione arrivo alla macchina. Mezz’ora prima del previsto.
Sono contenta della giornata. Il mio “chiodo fisso” è sempre piu’ vicino, ora devo solo trovare qualcuno che lo salga con me.

domenica 8 luglio 2007

Grand Torunalin – 3.379 m 7/7/7 .... :)

Il meteo per sabato 7/7/7 è splendido ma Andrea insiste per una 2 gg.
Non sono convinta, domenica non si sa bene che farà, anzi, per dove dovevamo andare noi sembra venire brutto sin dalla mattina.
Insisto: la giornata è troppo belle per “sprecarla” con un avvicinamento. Alla fine lo convinco, si organizza il Grand Torunalin, con la Roisetta come ripiego, si sa mai.
Partenza presto, 5:30 da Piazzale Lotto.
La mattina mi sento un attacco di emicrania arrivare: uffi! Questa cima la sto rincorrendo dal 2002!!! Prima la neve sul Petit, poi la nevicata di qualche giorno prima, quindi la promessa del “local” che mi voleva portare sulla cima vera e tutti gli anni che spunta fuori dal cappello dei desideri.
Arriviamo a Cheneil e, con soli 18 minuti di ritardo sulla tabella di marcia, siamo in cammino.
L’aria è frizzantina, ho timore che ci sia troppa neve e non vedo l’ora di salire all’abitato per vedere le condizioni della montagna. Il Cervino è ancora pieno di neve, so che nei giorni scorsi ha nevicato in quota …. Sperem!
Ed ecco che la vallata di Cheneil si apre bellissima! Non c’è neve!!! Solo un paio di piccole spruzzate. Cerchiamo l’inizio del sentiero, e qui perdiamo un po’ di tempo. Io pensavo di salire a destra, dove il cartello indica per la Roisetta, Andrea invece preferisce la strada per il Colle di Nana e da li, al bivio, prenderlo alla larga. Va bene, va tutto bene in questa giornata spettacolare.
Frizzante l’aria, io fatico ma non tantissimo. Medito sul dislivello e sulle soste e decido per una sosta breve ogni 400 m circa. La prima ci vede ancora nel vallone, ma gia’ ci siamo avvicinati di molto alla montagna. Prima barretta. Sosta piccola e poi si riprende.
Ora il sentiero inizia a salire la conca detritica ed e’ abbastanza ripido. A quota 2.900 altra sosta, altra barretta. Vediamo 3 signori che scendono …. Di gia’???? Meglio, chiederemo a loro le condizioni. Ma non facciamo in tempo a salutarli che ci apostrofano: “Non fermatevi qui che scarica …..” …. Buongiorno!!!
Chiediamo le condizioni: c’è la catena, giusto dove c’è ancora una lingua di neve.
Passa il primo, passa il secondo, il terzo ha la picca sullo zaino …. “Spero non l’abbia usata!” chiedo convinta di sentirmi dire di no. “E si, ho gradinato il pezzo di neve, se no non si passa, visto che la corda è sotto la neve ghiacciata” …. E agghiacciata ci rimango io! Ho i ramponi nello zaino, ma non sono mica sicura di passare.
Riprendiamo. Ora il tracciato si fa piu’ faticoso e si devono cercare gli ometti. Attraversiamo il primo pezzetto di neve e poi un nevaietto. Uhhhhh sperem!
Intanto, udite udite, mi sono messa la maglia con le maniche lunghe!!!
Arriviamo al colle arrampicandoci su per i massi cercando ogni volta l’ometto successivo.
Guardo il Petit e mi viene in mente l’estate le 2002. Guardo il Grand e non capisco da dove si sale. E’ imponente, bello ed imponente.
Ci confrontiamo un po’ e alla fine desumiamo che un po’ piu’ in basso, dove mi sembrava che il sentiero piegasse a sinistra, abbiamo pero’ preso quello sulla destra che porta al colle. Riscendiamo quindi di qualche metro e troviamo la traccia. Intanto scendono 2 signori, vediamo da dove passano e iniziamo a salire. Ci fermiamo a chiacchierare con loro, simpaticissimi, e ci raccontano ben bene della corda e del canale ancora innevato. Ovviamente la corda è sotto la neve nel punto piu’ esposto, ma sono solo 2 passi. Guardo Andrea: “Io non so mica se passo li …” Ho dietro uno spezzone di corda, ma se sulla roccia posso pensare di attrezzare io il passaggio, sulla neve no, e Andrea non si ricorda neppure il barcaiolo. So che mi aiutera’, almeno psicologicamente, lui è l’uomo della neve, io la donna della roccia. Oh … non fraintendeteci! Rimaniamo sempre su EE, massimo F+, ma in questi ambiti compensiamo le paure reciproche.
Chiacchieriamo anche relativamente alla pulizia dei “cateteri”, e la signora mi da una bella dritta per come pulire le cannette: ah questi incontri montanari!!!
Arrivano le corde. All’inizio mi sembra tranquillo, fino a che non vedo la neve.
Ecco, avendomi detto i signori che era esposto, senza corda etc etc etc mi prende un filo di paura. Passa avanti Andrea che mi tranquillizza, mi aspetta li, dove la corda sparisce e …. passo!
Andrea, guardano indietro le corde: passeremo di qui in discesa???? Bella li …. Forse dovevamo farci la domanda prima di passare, ora non ha senso rifletterci, saliamo e ci pensiamo al ritorno; e poi ho sempre la corda nello zaino …. quello di Andrea ovviamente :)
Riprendiamo. Un po’ sentiero e un po’ roccette. Non manca molto ma ad un certo punto Andrea si blocca: arriva il crampo. Si agita: sali, tu adesso da sola ce la fai. Figurati se ti mollo qui! Calmati, bevi un po’ e rilassiamoci qualche minuto, poi vediamo il da farsi; cerco di tranquillizzarlo, non mi va proprio di salire senza di lui. Per fortuna dopo pochi minuti il dolore passa e Andrea ci riprova.
Quando vedo la croce non voglio crederci …. CI SONO! CI SIAMO!!!
Cima sud, ovviamente, ma va benissimo cosi. Tiro fuori la macchina fotografica che, furbescamente (e finalmente mi sono messa in testa di farlo) avevo messo nello zaino appena dopo le corde.
Arriva Andrea: e’ stato un grande!
Incontriamo 2 ragazzi con le corde: “Avete fatto la cima?” “No, non sapevamo della doppia e abbiamo una corda da 25 m. Peccato, pero’ mi dicono che posso arrivare all’intaglio per guardare giu’. Andrea declina il mio invito ed io, per sentiero, vado a vedere da vicino la vera cima del Grand Tournalin. Effettivamente è esposto, severo e …. bello :) Effettivamente la vera cima porta via un po’ di panorama del Rosa, ma con tutte le volte che lo vediamo a noi non disturba poi tanto.
Faccio un po’ di foto, fotografo Andrea la in fondo mentre lui fotografa me qui in fondo.
Poi torno e finalmente pranzo! Siamo soli e commentiamo che ci avrebbe fatto piacere avere in giro qualcuno.
Foto a gogo’ in una giornata talmente bella che si vede nettamente e benissimo il Monviso, oltre a tutto il resto ovviamente. La Testa Grigia ora la riconosco, mi sa che sara’ una delle mie prossime mete con bivacco annesso.
Mentre scendiamo vediamo qualcuno che sale: cavolo! Sono già le 14:30! Beh, loro saranno veloci.
Scendiamo piano, cercandoci la strada ed arriviamo fin troppo presto alle corde.
Passa Andrea, gli chiedo di aspettarmi li e faccio una cosa che mai mi sarei sognata di fare: mi fermo, piedi sulla neve, a guardare il canale. Beh, sinceramente non mi sembra niente di che, non lo trovo esposto, ripido si ma non esposto. A me è proprio la neve che mi altera la sicurezza :(
Passiamo le corde incontrando un altro signore. Non ripassiamo al colle e continuiamo la discesa fino a dopo il nevaietto. Piccola sosta, fuori i bastoncini e la macchina fotografica. Ora mi concedo i miei fiorellini, che sono tantissimi e bellissimi :)
Al primo ruscello una pausa di mezz’ora, non vediamo l’ora di toglierci un po’ gli scarponi. Poi ancora giu’.
Ovviamente, al bivio con la Roisetta, ci chiediamo come sara’ scendere da li; uno sguardo alla cartina, un passo in la per vedere il sentiero, ci guardiamo: via che si scende da li!
Siamo proprio attaccati al torrente, bello pieno d’acqua e che, visto la ripidita’, crea delle cascatelle davvero incantevoli. Il sentiero e’ ripido, ma ci porta abbastanza in fretta a valle. Ora sono quasi le 19, la luce è meravigliosa, i rododendri in fiore creano queste macchie di colore che, insieme ai larici, rendono magico questo posto.
Arriviamo alla macchina che manca un minuto (giuro! A farlo apposta non ci saremmo riusciti) allo scoccare delle 11 ore di gita.
Non siamo particolarmente stanchi, nonostante in 1350 m fatti. Il Grand Tournalin per noi doveva essere fatto in una giornata cosi: bello stabile e fresco.
Non ci sono piu’ rimpianti per la 2 gg mancata, oggi siamo tranquillissimi e possiamo tornare a casa anche tardi. E non ce lo facciamo ripetere …. Io metto piede in casa dopo la mezzanotte, con il cuore leggero ed il morale alle stelle.

La botta arriva il giorno dopo, domenica, quando scopro che un forumista molto noto per i suoi interventi è morto in un incidente in moto.
La cosa mi sconvolge assai, doveva andare con gli altri sull’Arbola …. Non lo conoscevo, non è stato uno shock come con Chicco, ma la cosa mi ha colpito molto. Chissa’ perche’, ma se capita a qualcuno che conosci, anche se solo per via virtuale, fa sempre piu’ male …

martedì 3 luglio 2007

Castore! m 4.221 30 Giugno / 1 Luglio 2007

“Allora: Cevedale o Rosa?” mi apostrofa Marco venerdi sera in messenger.
"Ehm …. nessuna delle due mi sa …. “ è la mia risposta.
Ma partiamo dall’inizio.
Andrea mi manda una mail giovedi: mi piacerebbe proprio fare il Cevedale questo we.
Ok, guardo il meteo ma per la Lombardia domenica non e’ un gran che. Sono perplessa, ma metto come termine ultimo venerdi sera per decidere.
Giovedì sera trovo Marco in msn: vieni a fare il Lyskamm questo we?
Cavolo! Il Liskamm!!! Non ci ragiono molto perche’ Andrea vuole il Cevedale, ma se dovesse saltare …. Spiego la situazione a Marco, ci si riaggiorna a domani sera.
Venerdi: Andrea desiste, anche lui ha visto il meteo e nessuno dei due ha voglia di andare ancora lassu’ e di non fare la cima.
Intanto io ho meditato: il Lyskamm e’ un PD, pendio di 40 gradi e quota a 4.400.
Maturo la decisione che per me e’ meglio lasciar perdere.
‘Allora: Cevedale o Liskamm?’ mi apostrofa Marco venerdi sera.
“Ehm … Nessuno dei due mi sa …” Gli spiego le mie ragione, ma Marco insiste.
Alla fine concordiamo che se decido di andare gli mando un sms sabato mattina, tanto l’appuntamento sara’ alle 13:30 a Pont st. Martin. Ma a Pont non si riesce a parcheggiare, mi ricordo quando sono andata a fare la prima parte dell’Alta Via che ho faticato parecchio a trovare un parcheggio non a pagamento e nemmeno a disco orario. Allora si concorda Ivrea. A che ora? Alle 13:30 ovviamente …. Appero’: altro che turbo devi avere come macchina! Arrossisce e anticipa di 10 minuti.
Ci si saluta, entrambi dobbiamo preparare lo zaino.
Io ho una vocina dentro di me che mi dice: non andare …. NON andare!
Ma gia’ la mente sta facendo la lista delle cose che devo mettere nello zaino per il ghiaccio e la notte in rifugio.
E intanto che preparo lo zaino la vocina continua: non andareeeeeeeeeeeeeeeee!
La notte porta consiglio, mi dico, ma lascio la sveglia alle 7 del mattino. Se decidessi per la Roisetta alle 7 dovrei quasi essere all’imbocco della Valtorunanche.
La mattina mi serve per sistemare un po’ le cose, la settimana e’ stata piuttosto piena. Mando il mesagio a Marco che pero’ non risponde. Dopo un’oretta altro sms: non vorrei mai essere li da sola ad Ivrea! Ma no, i messaggi sono arrivati e ora la decisione e’ definitiva.
Arriviamo ad Ivrea a distanza di 2 minuti. Carichiamo la mia roba nella nuova macchina di Marco (che ha l’aria condizionata!!!) e via verso Staffal.
Passiamo dal casello di Pont …. Marco prosegue. Oddio, penso io, non e’ qui che si esce allora.
“Oddio!” grida Marco! Dovevo uscire di li. Vabbeh, si esce a Verres e poi, per statale, si torna a Pont.
Salendo la valle, vengo a scoprire che la funivia fa orario ridotto, per cui, persa quella delle 14:30 ci tocca quella delle 16:30 … un bel po’ tardino!!! Controllando meglio gli orari, vediamo che nel we le corse sono continue per cui non ci saranno problemi all’arrivo.
Abbiamo pero’ un’amara sorpresa sul costo della funivia: se scendi nella stessa giornata, A/R costa 18.00 € se invece scendi il giorno successivo ne costa 22.00!!! No comment! (Lo scopriamo pero’ solo il giorno successivo …… AriNoComment!)
Siamo in 7 e, come al solito, sono l’unica donna. Sono comunque tranquilla, anche se non conosco nessuno oltre a Marco; il mio amico e’ una splendida persona e so che non mi fara’ sentire di troppo e fara’ di tutto per mettermi a mio agio.
A Bettaforca iniziano i mal di testa, in 2 prendono le aspirine e gli altri, io compresa, la prenotano per la sera.
Marco scopre di aver perso il biglietto della funivia!!! Con quello che costa! Proviamo a cercarlo, alla fine gli consiglio di dirlo al macchinista, magari domani non lo fa pagare, e invece lo trova: aveva rimosso completamente l’azione di metterlo nella tasca dello zaino! Non so perche’, ma mi ricorda tanto qualcuno …. Come dire: ma comune, mezzo gaudio!
Si sale.
Il tempo non e’ granche’, io faccio una fatica bestia mentre in 2 prendono il volo (in effetti saliranno in 2 ore).
C’e’ neve, e tanta. Non me l’aspettavo e penso con un po’ di timore alla cresta: senza neve non mi crea nessun problema, con neve sinceramente non lo so. Marco mi tranquillizza (lui, che non c’e’ mai salito …. :) )e mi conforta dicendomi che tanto ci sono i canaponi; realizzo allora che li avranno messi proprio per situazioni come queste. Archivio la preoccupazione e continuo a salire.
Ora Marco ed io siamo soli, gli altri sono scappati via. Marco mi sta accanto e non mi molla, e di questo lo devo ringraziare. Si, ci sarei arrivata lo stesso al rifugio, ma un conto e’ salire tutta sola, un conto e’ stare con qualcuno, anche solo come supporto morale.
Arriviamo in circa 3 ore e mezza, il secondo gruppo ci ha messo circa mezz’ora in meno di noi. Per fortuna il nostro turno a cena e’ per le 20.
Medito, mentre cerco di riprendermi.
Domani non salgo. Con questa lentezza rischio che altri toppino la cima, e non mi va proprio.
Siamo tutti stravaccati sui letti (nel camerone, ovviamente) a riposare, sistemare gli zaini e parlottare del piu’ e del meno.
Devo andare a dire al gestore che non faccio pensione completa e che voglio la pasta per cena.
“La pasta? Guarda che mi sa che c’e’ solo il minestrone!” Ma dai ….. figurati!
E invece aveva ragione. Il gestore, gentilissimo, mi spiega che quando c’e’ il doppio turno non ce la fanno a fare la pasta. Li capisco, ma io posso mangiare solo quella. Pazienza, vorra’ dire che cerchero’ di mangiare qualcosa che mi sono portata dietro.
A tavola si disquisisce dei mali dell’altitudine. Tra noi 7 ce n’e’ una buona parte che non ha mai dormito in quota. Ognuno racconta le sue esperienze ed inizia il tormentone: come stai?
Decido cosa fare domani e lo comunico a Marco: se sto bene, vengo fino al Felik e poi io scendo, tanto da sola non c’e’ problema. Marco si dice d’accordo e spera che anche Giampiero, che non sta affatto bene, possa venire pure lui almeno al Felik. Parlo del Colle Felik perche’ e’ gia’ a 4.000 m, quindi la soddisfazione di salire almeno la quota c’e’.
Cenare alle 20 non ti lascia troppo tempo per cazzeggiare poi, le 22 arrivano in un battibaleno e quindi tutti a nanna.
La sveglia l’abbiamo messa alle 4:30, come da cartello giu’ in sala pranzo, ma i primi si muovono che non sono ancora le 4.
Alle 4:15 Marco si alza, e cosi inizio pure io.
Non sto malissimo, ma non faccio colazione. Ho un leggero cerchio alla testa e lo stomaco non richiede cibo.
Sono pero’ indecisa: non voglio essere di peso alle altre cordate!
Purtroppo iniziano le defezioni: in 2 scendono appena fa chiaro, uno di loro non sta affatto bene.
Ivano mi chiede che faccio: dai, stai in cordata con noi (lui e Marco).
Vado da Marco e ribadisco il concetto: al Felik distacco.
Ok, e allora inizia la preparazione.
E’ passato il momento che vivo ogni volta che affronto queste esperienza: ma chi me l’ha fatto fare????
Ora sono contenta. Esco con l’imbraco e stanno passando la corda. Metto i ramponi, mi lego, preparo la piccozza ….. e’ ora di partire e fa appena chiaro! E’ bellissimo! L’alba sul ghiacciaio e’ sempre davvero splendida e suggestiva. Le cime davanti a noi sono pulite, le nuvole sono tutto sotto di noi.
C’e’ pero’ un bel vento, perfino io ho il pile e la giacca a vento.
Inizio a fare fatica ma appena superata una certa quota inizia a venirmi fame. Pero’ non mi fermo. Lo so che sono lenta e non voglio far ritardare ulteriormente.
Ma intanto le altre cordate si sono fermate per cui ne riprendiamo alcune che ci avevano superato.
Ora mi sento alla frutta, la fatica e’ davvero tanta, ed ora …. INIZIA LA VERA SALITA!!!
Non ricordavo che questo pezzo per il colle fosse cosi ripido!
Inizio a pensare che mi faranno storie per lasciarmi al Felik, ma questi erano gli accordi.
Oltretutto la fiumana di gente sta salendo al Castore, quindi difficilmente saro’ sola in discesa.
Finalmente arrivo al colle! Non prendo neppure fiato, guardo con invidia il Lyscamm e poi mi giro verso i mie compagni: io mi fermo qui.
Mi chiedono conferma: sei proprio sicura che non ce la fai? Si, lo sono.
Marco: “Mi spiace, non avevo idea di come fosse l’ambiente e qui da sola non ti lascio.” Protesto, ma non c’e’ niente da fare. Mi chiedono se me la sento di salire il Castore: si, quello si, e’ tranquillo ormai. E allora, io con il morale sotto i talloni per la loro cima mancata, ci avviamo verso la “cima di ripiego”. A conferma del mio sfinimento, faccio una fatica boia a salire sul Castore. Inizio a contare i soliti 50 passi e poi un paio di secondi per riprendere il fiato. La cima e’ li che mi guarda, ma non so com’e’ non arriva mai!
C’e’ la solita folla lassu’, ma troviamo un posticino pure noi. Si beve un po’ ma di mangiare ancora non se ne parla, il mio stomaco rifiuta perfino la torta di mele.
Sta arrivando altra gente, lasciamo loro spazio e iniziamo a scendere. La giornata e’ ancora bella, le nuvole sono sotto di noi ma continua a fare freddo; meno male che in cima non c’era vento!
Dopo il traverso piu’ ripido ci sleghiamo e raggiungiamo il rifugio.
I 2 che sono riusciti a salire sul Lyskamm sono gia’ li. Sistemiamo gli zaini, mangiamo qualcosina e poi inizia la discesa, l’interminabile discesa! Da qui e’ sempre lunghissima!
Ultima nota dolente, arriviamo al Bettaforca e scopriamo che sono in pausa pranzo; ci tocca stare li ad aspettare per un’ora e mezza al freddo! Si, perche’ ora siamo sotto le nuvole e la temperatura non e’ proprio gradevole.
Immancabile sosta al bar appena scesa ed i saluti.
Anche se le mie performance sono state molto al di sotto delle aspettative, sono contenta di questo we.
Non sono stata male al rifugio
Ho salito cmq un 4.000 (anche se lo conosco assai bene!)
Sono stata benissimo con i partecipanti al we in quota, che ringrazio sentitamente.