lunedì 22 settembre 2008

Bivacco Ravelli–2.503 m – 21 Settembre 2008

Siamo 2 tonti. Continuo a ripeterlo da ieri e Matteo si è trovato suo malgrado coinvolto in questa avventura.
I tonti siamo Andrea ed io, naturalmente che, nonostante l’esperienza, abbiamo avuto il coraggio di sbagliare sentiero per 2 volte. La prima poco male, ma la seconda … ma andiamo con ordine.
Il solito tira e molla per l’organizzazione e poi si decide: Valsesia e viene anche un amico di Andrea.
Il viaggio tranquillo ci ha regalato una bella sorpresa: un paio di cerbiatti che hanno attraversato la strada poco prima di Alagna: che belli!
E poi, appena iniziato il sentiero, altri 2 proprio li davanti a noi; peccato un po’ lontani, non so se le foto di Andrea sono venute.
Arrivare all’abitato di Follu è la prima meta. Il sentiero ripido è costeggiato di transenne per chiudere il sentiero franato con l’alluvione del 2000. Questo mi fa riflettere che probabilmente è il sentiero che scende dai Tailly e mi dovrò informare bene prima di fare la traversata.
A Follu ci fermiamo per un caffè, piuttosto scontroso il proprietario ma non importa.
La giornata non è gran che, le nuvole scendono basse e poi si alzano.
Qui sbagliamo per la prima volta. Chiacchierando ci ritroviamo in mezzo a delle case. Chiedo e mi dicono che no, non siamo sul sentiero. Ci fanno tagliare per prati per riprenderlo.
Perché 2 tonti? Perché al bivio ci abbiamo pure riflettuto. In discesa, ci siamo detti, dobbiamo stare attenti a questo bivio, a non andare su ma a scendere. Invece era proprio quello che dovevamo prendere per salire. Poco male, tiriamo su per prati e riprendiamo il sentiero.
Ci fermiamo a fare delle piccole soste fino ad arrivare all’ultima baita. Attraversiamo il torrente, il bollo e li, su quel masso. Prendiamo la traccia di sentiero che diventa sempre più traccia. Vedo un bollo molto vecchio, sono perplessa ma ancora non ci arrivo. La traccia non c’è più, l’unica sembra andare su per il letto di un torrentello. Troviamo 2 ometti e un bel bollo. Ci rincuoriamo ma ora davvero la traccia è faticosa. Matteo non se la sente e torna alla casetta. Andrea ed io decidiamo di andare lassù dove dovrebbe esserci la conca detritica per poi rientrare. Solo che la traccia ora è davvero inesistente, l’erba alta e scivolosa, pieno di piante di mirtillo e rododendri.
Rinunciamo.
Torniamo.
Arrivati alla casetta Andrea guarda da dove siamo venuti. Un’esclamazione … eccolo li il sentiero che non abbiamo visto.
Non so bene cosa mi prende ma mi incammino. Il sentiero è bellissimo ed io inizio a salire con passo veloce. Mi guardo indietro e vedo Matteo e Andrea che mi seguono. In realtà si fermeranno poco dopo ma io proseguo, prendendo come spunto l’idea di arrivare alla conca detritica e poi rientrare. Vado veloce ma ormai sono stanca e non ho riposato molto. Sono già 1400 i metri percorsi e li sento tutti. Arrivo alla conca e la nebbia è ora molto bassa. Non vedo esattamente dove è il bivacco ma vedo che è segnato molto bene. Sono già le 2, mi metto la ginocchiera e inizio a scendere velocemente. Quasi subito incontro Andrea che insiste perché io salga. Dice che per Matteo non c’è problema e lui ci terrebbe proprio che io salga.
Riprendo a salire ma appena mi rendo conto di dove è il bivacco rinuncio. Ci vorrebbe almeno un’altra ora tra salire e scendere, poi ho bisogno di un po’ di riposo e non è presto.
Rinuncio, ho visto quello che mi interessava, ci torno la prossima estate con l’idea di fermarmi qui un paio di giorni.
Andrea insiste per dire che lo posso segnare come fatto (intanto abbiamo visto il palo lassù, sullo sperone, che pensiamo sia parte del bivacco). Anche il lago pensiamo sia proprio sopra.
Dopo aver mangiato qualcosina raggiungiamo Matteo e iniziamo a scendere. Il dislivello totale il salita è di 1500 m … e non abbiamo neppure raggiunto il bivacco! A dire dell’altimetro mancavano circa 100 – 150 m.
La discesa è velocissima fino a Follu, poi non finisce più. Siamo tutti e 3 piuttosto stanchi, ma la gita, nonostante tutto, sembra venuta bene. Matteo è rimasto piacevolmente impressionato dalla Val d’Otro, ha apprezzato la mancanza di gente, il silenzio che non trova quando va qui sulle nostre prealpi.
La valle merita davvero, selvaggia e solitaria, solo marmotte e uccellini a teneri compagnia.

martedì 16 settembre 2008

Zuccone Campelli–2.160 m – 14/15 Settembre 2008

E’ il secondo fine settimana (domenica e lunedì, da notare …) che riesco a farmi da dicembre. No comment su questo fatto.

Stefano accetta comunque di accompagnarmi, anche se il meteo non è un gran che.

Andiamo a dormire al Rifugio Nicola, ai piani di Artavaggio. E’ tantissimo che manco da la e nel frattempo hanno riattivato la funivia. Noi pero’ saliamo a piedi e appena iniziato a camminare inizia pure a piovere. Il sentiero è tutto nel bosco, abbiamo i pantaloni corti e l’ombrello per cui arriviamo tutto sommato asciutti.

E’ molto suggestivo un bosco con questo tempo, la nebbiolina che rende tutto ovattato, il ticchettio delle gocce di pioggia come unica compagnia ai nostri passi.

Ci fermiamo a mangiare al Rifugio Sassi Castelli, poi una puntatina alla funivia, tanto per vedere com’è. Meno male che ci siamo passati cosi il ragazzo ci racconta che, se arriviamo entro le 16:45, ai Piani di Bobbio ci fanno scendere con gli operai. Ottimo! Le nostre ginocchia si sentono già più sollevate.

Proseguiamo per il Nicola, non lo vediamo che alla fine e naturalmente non si vede nient’altro.

Ci accoglie un simpatico giovanotto (il figlio dei gestori) che, dopo averci fatto riprendere, ci accompagna alla nostra camera. Saremo gli unici ospiti, ma questo lo sapevamo già.

La prima notizia bella è per la cena. Abituata a non scegliere, mi sento proporre 3 primi e 3 o 4 secondi! E li, si sa, si mangia bene.

Verso le 17 la nebbia inizia a diradarsi e cosi usciamo a fare 4 passi sul Sodatura e poi al Cazzaniga.

Quando ben siamo a tavola la nebbia è tornata a farla da padrona e le previsioni per domani non sono un gran che. Ecco, questo è il momento che un po’ mi demoralizza. Ho capito che non sono fortunata, ma cribbio … :(

Andiamo a dormire senza fare grossi programmi per l’indomani.

Mi sveglio spesso, senza lenti non vedo un gran che ma quella palla la luminosa non può che essere la luna … allora forse il tempo non sarà poi cosi brutto!

Mattino. Nuvole alte. Luce splendida.

Colazione con calma, il meteo dovrebbe migliorare nella giornata e noi avremmo deciso di prendere la funivia alle 5 meno un quarto, quindi di tempo ne abbiamo.

La cima non è lontana, il sentiero molto bello. Siamo in giro solo noi e le marmotte che ci assordano di fischi.

Per la cima ci sono un paio di catene in discesa e qualche roccetta in salita. Finalmente in cima allo Zuccone Campelli! Ora ho la certezza che non ci sono mai salita.

Foto di rito poi ci guardiamo le cartine per capire dove diavolo sia il canalone che ci porterebbe in un baleno al Rifugio Lecco. Stefano non lo ricorda, figuriamoci io ed entrambi non abbiamo pensato a chiederlo al rifugista.

Inoltre Stefano continua a commentare le nuvole con la preoccupazione che portino un temporale. Alla fine tanto fa che non mi va più di cercare il canalone ma preferisco tornare indietro e prendere il 101 e scendere dalla bocchetta dei mughi. Inoltre c’è un po’ di nuvolaglia bassa (alias nebbia) che ogni tanto scende dalla parte di Bobbio e non ci sembra proprio il caso di andar per sentimento. Di comune accordo decidiamo di tornare a prendere il bivio.

E’ lungo questo traverso e l’ultima parte a me non è piaciuta. Vegetazione piuttosto alta e bruciata dai primi freddi.

Sbuchiamo dall’altra parte e il terreno cambia radicalmente: quasi senza vegetazione, una traccia che si vede benissimo scende (e risale … sob!) verso sinistra, al di la delle montagne che abbiamo attraversato sull’altro versante, c’è il rifugio. Ci arriviamo nei tempi previsti dai cartelli. Peccato che il rifugio è chiuso, un caffè l’avremmo bevuto volentieri.

Siamo perfettamente in tempo per la funivia, ci incamminiamo e arriviamo li verso le 16.

In compenso non sono in orario loro ma i quasi 1000 m di dislivello risparmiati ci fa passare sopra a tutto.

Arrivati a Barzio un ottimo gelato, poi corriera per Lecco, treno per Milano.

Che dire … un grazie grande come una casa a Stefano che mi ha accompagnato in questa 2 gg umida … gliene sono veramente grata :)

lunedì 1 settembre 2008

Anello in Val Gerola: Pesegallo Lago di Pescegallo – Cà San Marco – Salmurano - Pescegallo / 31 Agosto 2008

La giornata non è un gran che, ma poco prima delle 9 ho gli scarponi ai piedi. Questa volta andrò verso il lago di Pescegallo, indecisa se tentare la cima di Ponteranica.

Piccola premessa: occupata nei miei pensieri (piuttosto lugubri a dir la verità) entro in confusione al bivio appena fuori le gallerie e prendo per Chiavenna. Mi rendo conto che qualcosa non va ma devo fermarmi a vedere la cartina per capire che devo andare verso Sondrio. Iniziamo bene.

La seconda volta mi perdo nel prendere il sentiero per il lago. La traccia più marcata porta ad una baita. Poco male, proseguo sulla strada, ma questi 2 avvenimenti mi fanno riflettere. Inoltre le cime sono coperte dalle nuvole anche se a tratti.

Passo il lago ed inizio la salita. C’è gente che scende, immagino arrivino da Cà San Marco e probabilmente faranno il giro dal Salmurano.

Arrivo al Forcellino e guardo la carta: la Kompass dice che il sentiero per la cima parte dal laghetto sotto, la mia relazione da qui. Provo a prendere la cresta per un po’, ma poi le tracce spariscono. Non è tanto questo il problema quanto le nuvole che ormai si sono fatte basse e le cime sono tutte coperte.

Bene, è da tempo che voglio salire al Passo San Marco, che sia macchina, bici o a piedi. Questa mi sembra l’occasione buona. Riscendo e prendo per Cà San Marco, non sarà il passo ma è li che mi interessa arrivare.

Di qui il tempo è peggiore e mi ritrovo avvolta nella nebbia. C’è però un po’ di gente in giro. Al laghetto le cime non si vedono per nulla per cui non riesco neppure a capire se c’è davvero un sentiero da li per il Ponteranica.

Arrivo al passo di Verrobbio e vedo il mio sentiero che sta a mezzacosta e la in fondo il passo.

Inizio a chiedermi dove sarà il Passo Salmurano e quanto mi ci vorrà da li, ma sono fiduciosa.

E’ lungo arrivare al passo e ad un certo punto vedo un cartello che indica un sentiero che scende nella valle: Passo Salmurano 2 ore e 40.

Azz …

Mentre continuo verso il Passo medito: è tanto, e non è proprio presto.

Arrivata a destinazione mi trovo un posticino sul fraticello e sbocconcellando il mio panino mi guardo la cartina: gasp! Forse se la guardavo meglio prima non avrei affrontato questo itinerario: è davvero lungo! Inoltre devo scendere nel vallone per poi risalire. Ma si sa che ho la testa dura e, nonostante i conti mi indichino che arriverò alla macchina non prima delle 18, prendo il sentierino basso.

E qui la nota dolente: il ginocchio … duole, appunto. Mi fermo a mettere la ginocchiera ma la discesa è un tormento. Inizio a pensare che sono pazza al pensiero di farmi le oltre 2 ore per il Passo Salmurano e poi tutta la discesa verso Pescegallo, ma ormai sono in ballo.

La vallata e splendida, la risalita dolce in mezzo a mughi e rododendri. Siamo a fine estate, pochi fiori, qualche pianta già secca.

Incontro qualcuno che scende e inizio a pensare che forse non sono proprio cosi matta.

Lascio perdere la deviazione per i laghi di Ponteranica (sarà per la prox volta) e proseguo per il passo. Ma ecco si mette a piovigginare. Uffi … ce la farò?

Arrivano 2 signori e chiedo se manca molto per io passo. Mi rassicurano, circa un’oretta, anche meno se è veloce. Avevo stimato di arrivare li per le 16 e loro me lo stanno confermando.

Il sentiero è un bellissimo traverso molto panoramico se non ci fosse la nebbia a tratti. Si passa un vallone via l’altro con alternanze di saliscendi, e quando scendo … hai!!! Il ginocchio!!!

Quando avvisto il passo tiro un respiro di sollievo e mi fermo a far riposare la gamba. Da qui si vede benissimo il canale che porta al Benigni e da quaggiù non penseresti mai di salirlo abbastanza tranquillamente.

Medito.

La seggiovia scende dal Rifugio Salmurano. Mi farebbe risparmiare al ginocchio 400 m di discesa e un po’ più di un’ora.

Ci penso mentre scendo. Ci metto il tempo del cartello ma cerco di usare la testa: se il ginocchio fa male, la seggiovia è ancora aperta ed il costo abbordabile … beh, fai come i vecchietti e scendi in seggiovia.

Fatto.

Oggi il ginocchio non fa più male e sono contenta della scelta presa.

Il giro è davvero bello, fatto tutto con qualche sosta (io ne ho fatte davvero pochissime e molto brevi) comporta circa 8 ore. Tutto sommato direi che ne vale la pena.

E poi la sorpresa di Milano (vedi l’ultima foto) che è capace, nonostante tutto, di regalare panorami mozzafiato :)

Ah, in totale sono 1.273 m di dislivello!