lunedì 19 novembre 2007

Sambrosera - 18 Novembre 2007

Settimana piuttosto intensa, questa e domenica di guidare proprio non ho voglia.
Vado a vedere il Canalone Belasa (Moregallo) di cui Luca mi ha parlato.
Mi alzo presto e decido, contrariamente alle mie abitudini, di andare in stazione con la metropolitana.
Sono in perfetto orario, non dovro' aspettare nemmeno molto al binario.
Sulla banchina, in attesa della metropolitana, tolgo lo zaino per sistemare qualcosa appoggiando i guanti sulla panchina.
Salgo sul treno …. e si, avete di certo indovinato! I guanti sono rimasti sulla panchina :(
Per fortuna è solo la fermata successiva, per cui scendo, rifaccio il giro, recupero i guanti e riprendo la metro'. Questo giochetto pero' mi fa perdere il treno.
A parte la noia (ed il freddo) di aspettare un'ora in stazione, c'è anche l'ora di ritardo sulla luce. A questo punto salta il canale e come meta considero solo Sambrosera.
Sul treno incontro Stefano, amico di vecchia data, che sale al Cornizzolo. Decidiamo di fare insieme il primo tratto e intanto mi faccio raccontare del sentiero che porta a Sambrosera. Una parte l'ho gia' percorsa e l'avevo trovata molto fangosa. Siccome poi scendeva, ho tagliato per il sentiero (vedi cartelli foto) che ho scoperto essere la continuazione della ferrata, e mi sono fatta una parte di sentiero attrezzato.
Stefano mi conforta dicendomi che ci impieghero' poco piu' di mezz'ora ancora dalla colma e in effetti i tempi sono questi ma quando arrivo a Sambrosera è ormai mezzogiorno.
Siccome mi sono ben guardata dal chiedere a Luca ulteriori dettagli (mannaggia a me che non mi è proprio venuto in mente!) vado a vedere dove parte il sentiero e poi rientro.
Poco su ho visto il bivio per Pianezzo. Non ricordo esattamente quale sia la localita' Pianezzo, ma so che passo di li per tornare a Canzo.
Non me l'aspettavo cosi lunga. Alla fine approdo a Pianezzo (Rifugio SEV tanto per intenderci) che è gia l'una e un quarto. Ho ancora un briciolo di sole e mi fermo a sgranocchiare il mio panino.
Riprendo la via di discesa. Lo sento che sono un po' stanca e inizio a fare i conti del dislivello. Intorno ai 1.100, non giustifica la stanchezza ma almeno in salita non ho fatto fatica. Non che la faccia ora, solo sento che i muscoli delle gambe hanno lavorato.
Poco dopo Prim'Alpe incontro 2 signori con uno splendido terranova nero, tipo Mose' (quello della locanda di Gajum) Il "piccolo" non vuole saperne di scendere, loro lo hanno messo al guinzaglio pensando che fosse abbandonato (collare ma niente medaglietta) e lo vogliono portare ai carabinieri. E' dolcissimo e molto testardo nella sua decisione. Come se sapesse che la sua casa è da un'altra parte .... Mi chiedono se ho del cibo e l'avanzo del panino con il tacchino sparisce. Niente. La coppia continua a dire che è stanco, io inizio a pensare che forse il cane non ha torto. Arrivano altri ragazzi a cui la coppia chiede se hanno del cioccolato. Parlando mi dicono che al limite lo lasciano legato vicino alla cascina dove si compra il formaggio ..... A questo punto abbandono la partita e scendo. Passo dalla locanda a sentire se il cane è loro. Ovviamente non è Mose', ma sanno chi è il proprietario: uno al di la della montagna a cui il cane scappa sempre. Lo chiamera', come fa di solito, ed il padrone verrà a prenderselo.
Ecco, a volte, prima di pensare di far del bene alle bestie, occorrerebbe valutare la situazione.
Per quel che mi riguarda, ho sentito Luca che si è fatto una bella risata di fronte alle mie paure e mi ha confortato sulla fattibilità del canale. Se non perdo un'altra volta il treno, credo proprio che presto si fara'.

domenica 11 novembre 2007

Parco del Ticino – La fagiana / 11 Novembre 2007

E la nostra eroina riusci’ a trovare La Fagiana!
Devo smetterla con questa paura di perdermi, visto che io ci sono arrivata, avevo 3 macchine che mi seguivano e altri che hanno telefonato che erano in ritardo ... perché si sono persi!

Niente montagna questo we. Ieri non avevo voglia di affrontare il vento ed il meteo non sembrava neppure bellissimo dove volevo andare io, mentre oggi avevo questa uscita.

Ne ho sempre sentito parlare molto di questo parco, ne ho anche percorso dei tratti in MTB e a cavallo ma non ero mai stata qui.

Il parco è riuscito a comprare il terreno e gli edifici e ha trasformato quest’area in riserva “integrale” (virgolettato perché non ricordo esattamente il nome). Ci sono un paio di musei, tante guardie volontarie (circa 250) e un centinaio di dipendenti ... per tutto il parco, mica solo per qui!
Hanno tre voliere dove stanno i rapaci che non possono essere reintrodotti e una zona dedicata invece ai volatili che sperano di curare (cacciatori ... No commnet!) e di poter quindi liberare.
Il museo ha animali impagliati ed esposti nel loro abitat. Sono animali trovati morti nel parco che hanno pensato di utilizzare cosi.
Non ho visto il museo del bracconaggio ma anche quello sembra essere interessante.
In questa riserva non possono entrare i cani in quanto hanno reintrodotto il capriolo che con il cane non va molto d’accordo.
I sentieri sono piu’ delle piste, segnalati anche se mancano cartine particolareggiate con il “Voi siete qui”. Ne ho seguiti un po’ di questi percorsi ... senza perdermi :))))) e nella piu’ beata solitudine … beh, quasi! Essendo domenica un po’ di gente in giro c’era!

Poche foto, oltretutto scattate con la vecchia macchinetta che, devo dire, si difende assai bene!
Se vi capitano 2 o 3 orette di tempo, fateci un saltino, ne vale la pena.

La Fagiana in Internet

lunedì 5 novembre 2007

Groppera – Cresta della Fortezza / 3-4 Novembre 2007

Quasi Groppera …. ma andiamo in ordine.

Voglio andare a dormire in un locale invernale o in bivacco in questo ponte di novembre.
2 gg li e uno da spendere con Andrea nella bergamasca. Andrea pero’, come a volte fa, mi prende in contropiede e si autoinvita alla mia 2 gg se cadono in sabato e domenica.
Si sa, io mi adatto, cambio per cui il mio programma e vado in giornata il primo e i 2 gg li sposto al we.
Dove andare.
Ad Andrea non posso proporre le mie mete che sono soltanto con lo scopo di provare a vedere
com’è la sera/notte autunnale in bivacco per cui si cerca qualche cima.
Tra le mie preferenze c’era il Rifugio Chiavenna. Ovviamente viene fuori il Pizzo Stella.
Rimango un po’ perplessa: ha nevicato e se la neve è poca io vado piu’ in crisi.
Andrea pero’ si informa: solo una spolverata ….
Va bene, portiamo piccozza e ramponi e poi vediamo. Gli dico chiaramente che l’obiettivo è l’esperienza nel locale invernale per cui, se non saliamo lo Stella, va bene lo stesso. Mi dice che va bene.
E poi, mal che vada, saliamo sul Groppera.

Apro una parentesi: la salita dalla cresta l’avevo messa in cantiere un paio di anni fa, anzi, Bruno me l’aveva proposta. Ora, Bruno è simile a me come scala di difficoltà, quindi mai mi sarei immaginata quello che è poi successo.
Chiusa la parentesi.

Arriviamo a Motta con molta calma. Lo zaino pesa. Saliamo al rifugio con altrettanta calma, fermandoci a parlare con una coppia della Valle d’Aosta.
Appena vedo lo Stella mi prende un groppo in gola: è bianco! Inizio a temere che la salita non avverrà, almeno non in questa occasione.
C’è parecchia gente che sta rientrando e non mi aspettavo tutta sta ressa, tenuto conto che il rifugio è chiuso (Andrea si era pure informato su questo!)
Ormai quasi arrivati chiedo ad un gruppo di ragazzi se c’è ancora tanta gente. No, mi rispondono, solo una decina del CAI che stanno lavorando al rifugio ... Ops ...
Mi giro con aria interrogativa verso Andrea che mi conferma quello che gli ha detto il gestore.
Una ragazza del gruppo interpreta male i nostri sguardi e ci avvisa, con aria alquanto preoccupata, che il rifugio è chiuso.
“Si si, lo sappiamo, grazie” rispondiamo entrambi, tenendoci per noi il commento “e’ per questo che ci andiamo”.
Arriviamo. Non c’è traccia dei 10 CAIni, per fortuna.
Io faccio la mia bella figuraccia cercando l’entrata dell’invernale, provo le scale ma niente, non trovo l’ingresso. Era nella parte piu’ ovvia e lo scopre per primo Andrea: il vano dove si mettono gli scarponi a rifugio aperto è adibito a locale invernale con 2 letti a castello di 3 posti.
La domanda è: ma quando il rifugi apre solo i we, il locale invernale non lo preparano per la settimana? Quando ero stata li l’ultima volta ho visto i ragazzi chiudere il rifugio ma di certo non hanno portato giu’ i letti!

Piccola nota dolente.
Torno dal torrente a cui mi ero recata per prendere l’acqua e vedo un ragazzo che butta via la buccia della mela porprio li, nel prato antistante il rifugio.
Sorrido mentre dico, con tono che per me doveva essere tra il serio ed il faceto: Ah ... no, ma cosi non si fa!”.
Il ragazzo si gira e con aria stupitissima mi dice: Ma e’ biodegradabile! E io ho sempre fatto cosi!
Beh, lo sai quanto tempo ci vuole a degradare?
Non risponde a me direttamente ma al suo amico che la buccia fa bene alla terra ….. gia’, un alpeggio a 2000 e passa metri con tante bestie d’estate ha bisogno dei nostri rifiuti organici per concimarsi. Oltretutto rifiuti non sotterrati. Questa è la piu’ originale delle scuse che ho fin’ora sentito.
Si è offeso, ma non è colpa mia se, biodegradabile o no, la persona che viene dopo di lui si ritrova a mangiare con le sue bucce sotto il naso.
Il fatto che poi, tempo un paio di settimane li è tutto coperto dalla neve non giustifica ancora il gesto.
Ma come si puo’ fare a far capire che il biodegradabile non è sinonimo di pulizia?
Chiusa piccola nota dolente.

La serata passa tranquilla, si leva il vento e ci rintaniamo nel rifugio. Mentre cucino Andrea mi legge l’avventura della prima salita al Monte Disgrazia e ci facciamo 4 risate per l’humor inglese.

Non è male l’esperienza del locale invernale. La cosa che piu’ non mi aspettavo è il buio. Tanto siamo abituati che dipendere solo dalla frontale per la luce è abbastanza stano.
Esco a vedere le stelle prima di coricarmi. Non c’è la luna e la stellata è davvero favolosa.
Poi nanna.

Suona la prima sveglia alle 6. Andrea esce e torna raccontandomi dettagliatamente tutto quello che ha visto. Riassumendo: vento e nuvole che corrono coprendo lo Stella.
Per farla breve, decidiamo per il Groppera e per la cresta.
Arriviamo al punto dove secondo me si puo’ salire ed attacchiamo, zaini pesanti al seguito, il ripido pendio che ci porta in cresta senza troppi problemi.

E da li vediamo la cresta.

Massoni di gneis, e poi ancora massoni, e poi la spolverata bianca sui massoni ….. accipicchia!
Vabbeh, iniziamo la salita. Il primo tratto non è particolarmente faticoso, ma forse è solo perché siamo ancora freschi. Alla fine sono 600 e passa metri che, scopriremo sulla nostra pelle, sono tutti cosi. Il percorso non è segnato ma ti devi trovare il passaggio da solo mantenendoti sul filo di cresta.
Circa a meta’ c’e’ un ometto gigante. Mi rincuoro pensando che da li in poi l’itinerario sarà segnato o almeno piu' agevole.
No.
Continuo a cercare la via migliore di salita, Andrea ogni tanto mi da il cambio, ma il tempo passa e perdiamo un sacco di tempo ... con lo zaino pesante sulle spalle.

Un po’ di tempo prima dell’ometto ho concordato con Andrea un punto della situazione a mezzogiorno. E’ invece quasi l’una quando mi siedo togliendomi lo zaino non dopo aver sbottato qualcosa nei riguardi di Andrea che, per fortuna, si tappa le orecchie quando mi sfogo.
Sono stanca. La cima è ancora lontana, il percorso non è piu’ agevole, anzi!
La funivia che vedevano passare (a cui Andrea voleva affidarsi per il rientro) era probabilmente in moto solo per prova o per ragioni di servizio e ora non funziona piu’.
La cima è ora coperta da questa nuvolaglia che va e viene da tutta mattina.
Il vento a raffiche è forte e freddo.
Si prende l’amara decisione ci si ferma qui, a quota 2.800. Mancano circa 150 m alla cima.

Mangiucchiamo qualcosa e poi si scende.
La crisi che ho avuto, oltretutto solo nell’ultima parte della discesa (la prima pietraia che abbiamo salito) e’ spiegabile solo dalla tensione, dalla stanchezza, dalle condizioni meteo che facevano si che le folate di vento mi investivano piu’ violente quando ero sul filo di cresta (un paio di volte mi ha davvero fatto perdere l’equilibrio, grazie anche allo zaino pesante.)
Comunque, tutto bene in discesa fino a che non abbiamo incontrato l'ultimo tratto di pietraia (il primo in salita, quello con i massi belli stabili ed il percorso non troppo faticoso .... ). Li non sono piu’ riuscita a trovare i passaggi del mattino. Tutto mi portava su massi instabili o sulle tracce di neve e ghiaccio.
Mi sono sfogata un po’, Andrea ha sopportato stoicamente il mio malumore, nonostante fosse ormai abbastanza stremato pure lui.
Fine della pietraia.
Ma non della discesa. E’ ancora lunga arrivare alla macchina. Abbiamo ravanato ancora e alla fine siamo scesi per una pista di discesa.
Dall’alto vediamo il parcheggio. Andrea mi fa notare che ci sono solo 2 macchine: la nostra ed una bianca.
E’ duro arrivare giu’. Siamo stanchi e provati. Un’esperienza che ci fara’ riflettere. Quando c’è una spruzzata di neve forse è il caso che 600 mt di dislivello su massoni e roccette li lasciamo li per l’estate successiva. Si perché quella cresta io la devo vincere, anche se in versione estiva ma tornero’ a farla.