domenica 14 giugno 2009

Pizzo Tresero – Quota 3.460 m – 14 Giugno 2009


Quota, si, perché in cima cima non ci siamo andati. Il Pizzo è alto 3594 e la quota del mio altimetro, quando ci siamo fermati, segnava 3460.
Perché non siamo saliti?
Perché siamo 2 oche :)
L’idea di salire è di Andrea. Io non controllo nulla. Il pizzo è nella nostra lista dei desiderata e gli ho fatto talmente una capa tanta che DEVE essersi informato sulle condizioni.
Si organizza tutto, Andrea “si offre” di andare con la sua macchina e organizziamo il viaggio con partenza verso le 13 di sabato.
Faccio un saltino su Hikr verso metà mattina e che ti vedo? Che Nano è stato sul pizzo giusto questa settimana. Bello, mi dico, cià che leggo la relazione.
Gulp!
AriGULP!!!!!
Va bene che il meteo non era buono e quindi, seguendo una traccia, si è trovato al bivacco. Da li, per cresta, ha tentato la cima ma ha desistito poco prima. Non è questo che mi ha preoccupato, anzi, ho capito che, visto il gendarme ghiacciato che si è trovato di fronte, la cresta non fa per noi (peccato!) e faremo il ghiacciaio. Ma … 5 ore … lui che è velocissimo!!!
Ecco, i tempi mi hanno spaventato si. Ma che faccio, chiamo Andrea un attimo prima della partenza e gli dico: questa gita non s’ha da fare?
Indecisione. Poi alla fine penso che valga comunque la pena di andare. Lui ha letto e si è informato, dopo tutto.
Mi vado allora a leggere le altre relazioni invernali. Tutte segnano piu’ o meno quegli orari e la danno come un BSA. Ecco qui un altro mega errore mio. Mi confondo e penso che le nostre sono tutte BS.
Col cavolo! D’inverno cara grazia che facciamo le MSA!!!
Arriviamo al Berni dopo un paio di soste (gelato e Bormio) in tempo per svaccarci prima della cena.
Tramonto da urlo.
4 chiacchiere con chi è stato in cima la mattina e ci conforta nella salita.
Rimangono tutti a bocca aperta quando sanno che noi saliamo a piedi. Sento la voce che corre: salgono a piedi! Salgono a piedi! A piedi?!?!?!
Azz … sarà mica davvero una pazzia?
“Ah, partite alle 5? No, noi alle 7!”
Sembra che piu’ o meno tutti vogliano partire alle 7, sia per il San Matteo che per il Tresero.
I signori del rifugio tentano di dissuaderci: fa freddo, hanno trovato neve davvero dura!
Ma noi imperterriti: non si preoccupi per la colazione, siamo autonomi.
Apriamo qui una parentesi per il rifugio: splendido! Come dovrebbe essere davvero gestito un rifugio!
Unica nota negativa per la colazione che ci hanno detto: qui facciamo un orario unico (che poi scopriamo è alle 5). Per il resto non mi rimane che consigliarlo! Ottima accoglienza, onesti e non rompiballe sul fatto che ho fatto solo pernottamento.
Torniamo a noi. Dovevano partire tutti alle 7 e invece li troviamo tutti li fuori dal rifugio che aspettano la colazione alle 4:45
Noi partiamo perfettamente in orario ma c’è qualcuno che ci ha preceduto.
Man mano che proseguiamo, ci raggiungono anche gli altri (alla faccia delle 7) e, ovviamente, ci superano.
Arriva il primo pezzo ripido. Non abbiamo fatto un cavolo di dislivello ma stiamo camminando ormai da parecchio: questa valle è davvero lunga!
Io decido di ramponarmi vista la pendenza e la neve dura, Andrea invece fa lui il duro e mi dice che va avanti con le ciaspole.
Va bene, inizio a salire. Durante una svolta lo vedo … si sta ramponando :)
Io cado in un buco (e te pareva!) da cui pero’ riesco ad uscire giusto giusto quando Andrea, che mi ha visto in difficoltà, si è avvicinato di tutta fretta.
Risaliamo con difficoltà il pendio ed arriviamo ad un altro pianoro.
Siamo partiti con la neve gelata ma non faceva freddo. Ora pero’ la temperatura sta calando. Ogni tanto ci sono raffiche di vento gelido che mi asciugano il sudore.
E andiamo avanti. Arriviamo al bivio con il San Matteo e la massa va li. Noi proseguiamo insieme a pochi altri, sempre in leggera salita, fino a che non arriva un altro strappo.
Ormai ho messo il guscio e non si suda piu’ per fortuna. Siamo finalmente arrivati a superare la quota 3.000 ma non siamo ancora al sole. Piccola sosta e poi riprendiamo a salire.
Ora vediamo meglio il pendio che porta alla cresta. All’inizio ci sembrava insalibile, ora pure :) ma proseguiamo.
E’ bellissimo qui, siamo in ambiente di alta montagna, contornati da splendide cime, seracchi e neve. Mi sento stranamente a mio agio e contenta di essere qui.
Man mano che ci si avvicina il pendio sembra sempre piu’ fattibile.
La salita è stata tutto un pensare: non ce la facciamo, ma si che possiamo farcela, no che non ce la facciamo …
Questo tanto per dire sia quanto sia stato lungo l’avvicinamento sia quanto sia ripido per noi il pendio che porta in cresta.
Eccoci li vicini. Andrea manifesta il desiderio di lasciare giu’ le ciaspole (noi abbiamo i ramponi messi sul primo pendio ripido e non li abbiamo ancora tolti) ed io accetto piu’ che volentieri.
Ma fatico non poco per arrivare al masso dove vogliamo lasciare le ciaspole.
Da li è davvero ripido.
Io sono stremata, stanca, e le difficoltà mi sembrano maggiori del dovuto.
Mando avanti Andrea, chiedendogli di stare ad un metro da me.
Lui fa il possibile ma la mia stanchezza ha la meglio e quando arriviamo all’ultimo pezzetto prima della cresta e vedo che gli altri fanno comunque fatica a passare il saltino di roccia, poi ancora pendio di neve, poi cresta, poi roccette …
No, non ce la posso fare. Mi impunto: io di li non vengo, ma tu vai se te la senti.
Mi accompagna dove altri si sono fermati e saliamo a vedere la cresta.
Cribbio: io da qui salirei.
Andrea no.
Saliamo dalla cresta no saliamo dalla neve.
Già non siamo d’accordo ed io sono stanca, tanto stanca che alla fine decido che non salgo piu’.
E poi guardiamo l’ora: ok, siamo fuori tempo massimo :(
Un po’ demoralizzati ci fermiamo per riprendere fiato e poi, piano piano, scendiamo alle ciaspole dove ci fermiamo per mangiare.
Cerchiamo di analizzare il perché non siamo saliti e Andrea mi conferma che anche lui è stanco. Dobbiamo considerare che abbiamo anche tutto il ritorno.
Ma siamo d’accordo nel dire che il posto è fantastico e la cima la possiamo considerare come fatta.
Le altre considerazioni sulle nostre gite primaverili verranno poi ma parlando delle varie relazioni realizzo solo ora: BSA.
Ora inizio a capire. Io con la neve sono ancora piu’ schiappa che sulla roccia e lo so che un BS non è proprio da me. In piu’ ci arrivo stremata … ci fossi arrivata fresca come una rosa sarebbe stato un altro discorso. Mi consolo un pochino cosi. Ma ora dobbiamo pensare alla discesa. Con mio enorme disappunto iniziamo a scendere, per il momento sempre con i ramponi.
Passato il pendio piu’ ripido la neve inizia a mollare e decidiamo per le ciaspole. “Guarda che la dove abbiamo messo i ramponi stamattina io li rimetto” avviso Andrea. Lui, coraggioso, so che tenterà con le ciaspole.
La discesa è infinita. Iniziamo a spogliarci e mi pento di non aver dietro i pantaloni corti, anche se so che è una pazzia metterli qui.
Per fortuna ogni tanto il venticello torna a rinfrescarci, ma man mano che si scende io soffro sempre di piu’. Per il caldo, per la stanchezza, per sto zaino che pesa sempre tanto … insomma: NON C’HO PIU’ IL FISICO!!!
Prima dell’ultimo pendio ripido facciamo una sosta lunga. Mangiamo, beviamo, io mi metto i ramponi ma poi viene il momento di partire.
Andrea, con le ciaspole, va avanti a farmi strada. Con la Silvia che dietro gli dice: prendi quella traccia, poi vai giu’ alle roccette … ecco, io sarei andata di la … ma non di qui, la è meno ripido …
Ma prima di tutte queste mie esternazioni Andrea cambia idea e mette i ramponi, borbottando tra se: lo sai che alla fine Silvia ha ragione ma no, tu devi sempre fare di testa tua, con le ciaspole vuole scendere lui … e via cosi la pentola di fagioli :)
Alla fine riusciamo a scendere, Andrea sa che io ho 2 problemi: la paura della discesa ripida e la paura di cadere in un buco e di farmi male al ginocchio. Ecco perché fa il super cavaliere e fino al rifugio sta davanti lui.
Ad un certo punto lo vedo fare una capriola nella neve quando cade in un buco. Poi mi commenta: chissà come sono stato ridicolo, ma ero dentro con entrambe le gambe e se non facevo cosi avevo paura di non uscire piu’. Beh, complimenti per la reazione! Immediata e che ha portato il risultato voluto di uscire subito dal buco! Io non l’avrei avuta.
La discesa, che ci aspettavamo tranquilla da qui in avanti, ci riserva una brutta sorpresa. Lunga, infida, piena di buchi tanto che preferiamo non mettere le ciaspole che se ci finiamo dentro con quelle poi è peggio uscirne (le esperienze di Silvia insegnano).
Siamo sempre piu’ stremati, dietro di noi vediamo altre 2 persone ma ci consola poco sapere di non essere rimasti da soli.
Ormai non abbiamo piu’ parole, le forze le teniamo per mettere un passo davanti all’altro e per fare l’ultima salita. Da li è fatta.
Si.
Come non detto.
Andrea vuole fare la strada piu’ lunga ma si rende presto conto che non cambia, i buchi ci sono lo stesso e allora taglia. Si, va bene. Io lo seguo ormai come un mulo che traina il carretto, senza parlare, senza alzare la testa perché tanto il rifugio non arriva mai.
E la testa bassa mi fa notare la forza della natura. Non fa in tempo ad andare via la neve che i germogli sono già spuntati. Le chiazze libere da neve sono piene di soldanella alpina che inizia a colorare con suo bel viola … e mi torna il sorriso.
Ecco finalmente il rifugio, offro una bibita alla mia guida e ci svacchiamo sulla panca occupando tutto il tavolo con la nostra mercanzia.
Le conclusioni che abbiamo tratto alla fine sono che:
- la gita è stata comunque splendida
- le BSA non sono per noi
- le gite primaverili avanzate con le ciaspole non ci vedono piu’
Concludiamo la gitarella con una splendida Coppa Tresero (non poteva essere diversamente) in gelateria giu’ in valle e poi verso casa … la lunga strada verso casa …










3 commenti:

  1. Purtroppo ho sottovalutato la montagna, confortato dal fatto che fosse stata salita da poco con gli sci.


    Pensavo addirittura che sarebbe stato meglio salire il tratto finale con la neve piuttosto che d'estate con gli sfasciumi.


    Ma il vero problema è che la gita lungo il percorso primaverile, con il sentiero estivo impercorribile, è stata troppo lunga.


    Galvanizzato dal succeso sulla Calabre, dove abbiamo fatto una discesa lunghissima in tre ore, non pensavo di mettercene quattro per scendere da qui (e se fossimo scesi dalla cima, di più)


    Silvia non avrebbe scelto questa gita, in tante cose bisogna darle retta.

    Andrea

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  2. Andrea: tu hai lanciato l'idea, ma io l'ho accettata, con tutto quello che ne comporta ;)
    S.

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  3. Silvia spero mi perdonerà se faccio un'incursione nel mondo dello sport (in questo caso il tennis) che non è il suo forte.


    Il primo "set" l'abbiamo vinto quando siamo saliti sulla Calabre. Il secondo "set" sul Tresero l'abbiamo perso, anche se al "tie-break" raggiungendo una quota rispettabile. Non resta che darsi appuntamento sul Monte Rosa (o altra cima importante) per il terzo e decisivo "set" di questo ciclo di gite su ghiacciaio.


    Ogni tanto devo cambiare un pò lo stile...

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